Maurizio Nocera è nato in provincia di Lecce nel 1947. Insegna Filosofia presso il Liceo Pedagogico di Lecce, è stato ed è uno dei punti di riferimento della cultura salentina. Giornalista, saggista, operatore culturale, poeta, scrittore, figura poliedrica appartenente alla "Splendida Generazione" di Antonio Verri, assieme, fra gli altri, a Salvatore Toma, Claudia Ruggeri, Fabio Tolledi, Antonio Errico e via dicendo.
Fra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo: Lettere a "Pensionante de' Saraceni" (1990); Fabbricante d'armonia (1998); Compianto (2001); Totò Franz (2002); Il morso del ragno. Alle origini del tarantismo (2005); La contrada del poeta (2008).

"Un giorno,
diremo parole che saranno come nuvole.
Noi, saremo così leggeri
da non subire più il limite del cielo."

Con questi miei versi, ora, introduco la scrittura di Maurizio Nocera, autore di una prosa e di una poetica sempre fresche, particolari, dotate di una forza narrativa che percorre le strade dell'io tessendo trame che hanno il sapore di una fiaba d'altri tempi, si depositano sulla coscienza come le storie che tutti abbiamo ascoltato da piccoli.
Scrittura forte e densa, colma di sentimento, che si muove nell'anarchia furibonda delle parole lungo le pagine bianche "esperienziali" del lettore. Le sue poesie si scorrono e si leggono come fossero fiabe, miti, nascondendo un magma narrativo pronto ad esplodere e contagiare. La sua poetica si muove sul sapore di antichi proverbi, radicata al luogo, nasconde in sé le peculiarità del Salento e le apre agli occhi di tutti.
Nel poemetto, "Figli, vostro padre uccidete!", si ispira al "Giulio Cesare" di Shakespeare, rendendogli omaggio, ma va oltre incorporando una moderna chiave di lettura del mito di Edipo che uccide il padre e sposa la madre e, qui, uccide il padre e sposa la madre, una madre che altro non è che la tanto agognata libertà, fuggendo dalla tirannia, ma il risultato si evolve in una nuova sete di potere.
Il potere assunto con la violenza genera violenza. Più e più volte è questo ciò che insegna la storia e Nocera non lo dimentica perché la sua è una poesia sempre intrisa di storia, sia essa locale, nazionale o mondiale.
Spesso Nocera percorre sentieri composti da parole che sono anarchia del raccontare, immerge i propri pensieri in un bosco incantato che ha nel sottobosco una vegetazione caratterizzata da personaggi, volti, spesso amici, cari al Nocera autore ed al Nocera uomo, che li prende e mette su carta, conferisce loro nuova vita, un nuovo essere come figure incantate protagoniste di una fiaba che rasenta l'infinito e supera i limiti del reale.
La scrittura di Nocera si nutre di un immaginario che è visione fiabesca del mondo.
Emblema dell'anarchia poetico/narrativa di Maurizio Nocera è la sua "Non poesia per Carmelo Bene" che non si può scrivere, non si può dire e, pertanto, nel suo non essere non si può leggere.

Francesco Aprile