Esistono domande e istanti che non trovano fine. Che forse hanno un inizio, ma lo perdono per strada e nell'indeterminatezza restano indelebili. L'autrice stessa esprime tutta se stessa dicendo "Un mio istante sarà l’istante di chi mi leggerà". La scrittura come mezzo e comunicazione per esprimere se stessi ed i propri momenti. Penna e parole che si legano con nodi, impossibili da sciogliere, alla vita.

"E la mia penna ha inchini di riconoscenza
per la mia decenza persa."

C'è tutta Luciana Manco ed il suo mondo nelle sue parole. L'amore dell'autrice per i suoi amori, per la sua terra. Il tornare e ritornare di Madonne e voli che della sua terra, il Salento, sono cifra stilistica e modo d'intendere la vita e la scrittura, approcciarsi alle parole che ci cadono addosso dal volo di uccelli, dal volo di noi stessi. La terra dei voli. E qui tornano riferimenti al background letterario e culturale del Salento. Dai voli di San Giuseppe ai cretini che hanno visto e non visto la Madonna di Carmelo Bene, alle parole che cadono e ricadono di Antonio Verri.
La scrittura di Luciana Manco ha in sé tutta la potenza e la storia della sua terra.

"sguardi vasti come sangue
 da seminare."

Dalla terra rossa che arde al sole, alle parole di Bodini, ai capricci del Barocco, delle sue chiese e delle sue Madonne, delle campagne scolpite da lunghe distese di pietre, dure come la memoria ed un singhiozzo smorzato dal tempo che non evapora e sibila nell'eterno muoversi del tempo lungo le strade del Salento con sguardi lanciati all'eterno rimorso. La forza di non rassegnarsi.

"Questo inchiostro.
Che sia un'arena aperta la mia vita."



Francesco Aprile intervista Luciana Manco:

1-Come e quando è nata la passione per la scrittura?

La passione per la scrittura è nata quando ho realizzato, già da molto piccola, che dietro e dentro ogni parola c’è un immaginario vastissimo. Ci sono momenti, oggetti, sensazioni, verità. E giocare con le parole significa creare mondi, entità, vite.
Fino al momento in cui sono le parole stesse a cercarti, per avere nuove direzioni.
Tutti sono in grado di creare, con le parole. Basta solo saper vedere. Voler vedere.

2-Scrittura e musica, in che modo convivono, secondo te?

Scrittura e musica sono imprescindibili, quasi sinonimi. Nella scrittura è necessaria la musicalità naturale, data anche dai silenzi, dalla rotondità delle parole, dalla loro cedevolezza o al contrario dalla loro ruvidità.
Allo stesso tempo la musica dialoga, risponde, chiede. Fa pensare. Ed il pensiero è già parola.
Proprio da questa convinzione è nata anche la mia collaborazione con Losthighways, una rivista musicale online, che scrive di musica liberando le parole. Aldilà delle critiche che molto spesso le riviste usano per darsi un tono dotto, informato. Noi non ascoltiamo musica. Noi ascoltiamo ciò che la musica crea in noi, ciò che ci rivela. E su quell’onda emotiva scriviamo, fermando le sensazioni.

3-Quali sono le tue influenze musicali e quali per quanto riguarda la scrittura?

La mia casa e la mia terra sono le mie influenze musicali, letterarie. Le voci delle madri. Le strade che percorro, ciò che fermo con lo sguardo. Ho letto e ascoltato tanto. Tanto. Amo i cantautori per la loro completa sublimazione in ciò che creano. Amo gli artisti che non rincorrono l’originalità, ma la possiedono naturalmente. Amo la semplicità che non sia sinonimo di banalità. Potrei fare dei nomi, ma non amo gli elenchi. Amo chi canta e scrive di ciò che ha visto e che ha imparato, e non chi crede di poter insegnare perché possiede la verità assoluta. Amo chi non si definisce, ma è. Chi crede. Chi sa stupire.

4-Scrivere per Paolo Benvegnù. Cosa ha rappresentato?

Paolo Benvegnù credo sia uno dei pochi Artisti che la nostra terra ci ha regalato. Un uomo che è nato artista, non lo è diventato. Che ha avuto il coraggio di dedicarsi completamente alla musica, senza il ruolo comodo del dopolavorista. Che non ha paura. Umile, saggio, bambino, grande uomo.
Scrivere con lui è stata un’esperienza che rimane certamente nel tempo tra le più intense. È  stato naturale e leggero, a tratti struggente, a tratti divertentissimo.
Il risultato, “1784”, è un inno all’amore incondizionato. Provato.

5-Cosa rappresenta per te la scrittura ed in che modo ti approcci ad essa?

La scrittura è per me il più immediato mezzo di comunicazione. Occhi e parole scritte. Silenzio pieno di visioni. Scrivo nel mio fare selvatico, a volte incattivito, a volte mesto e riconoscente.
Non scelgo le parole, mi arrivano tra le mani spingendo. Probabilmente è un discorso trito e ritrito, questo della visione come genesi della scrittura. Ma è ciò che mi accade, e non sento di avere chissà quale talento o abilità. Il talento è un dono di tutti. Il talento di vivere, di sopravvivere, di mangiare, di perdonare. Tutti possono essere poeti, musicisti, scrittori. Un mio istante sarà l’istante di chi mi leggerà. Ed io non posso privarmi di questa condivisione.

Francesco Aprile