La scrittura che si fa arte e vive in simbiosi con la memoria ed il suo dolore. È questo il caso di "Dawson" di Sergio Vuskovic Rojo, edito da Il Raggio Verde. Ci sono cose che non si possono raccontare. La scrittura stessa, il linguaggio, si fanno ostacoli allo scorrere della memoria. Come diceva Wittgenstein "I problemi filosofici sono problemi di linguaggio". Sergio Vuskovic Rojo per entrare nel merito della questione cita Helmuth Frenz, vescovo della Chiesa Evangelica Luterana del Cile, che il 12 settembre del 1973 dichiarò: "Il linguaggio umano non è in grado di esprimere quel che è la tortura. Può farlo esclusivamente un'azione, come ad esempio l'abbracciare un altro uomo, dopo averla vissuta."
Nonostante l'impossibilità della scrittura a raccontare esperienze, perché la scrittura si ferma lungo il tracciato, segnandolo, che porta l'uomo a determinate esperienze, Vuskovic Rojo va avanti e non può fare a meno di ricorrere alla scrittura per la realizzazione di quest'opera che si inserisce nella ristretta schiera della "poiesis". È lo stesso Rojo ad indicare la via della "poiesis", ovvero, tutto ciò che, nell'antica Grecia, era utile e ben fatto. Di conseguenza la scrittura supera, almeno in parte, l'impossibilità del raccontare e si fa "poiesis", mezzo utile per la conoscenza e divulgazione degli orrori umani. Dawson è una testimonanzia. Ma è un raccontare che trascende il semplice resoconto. Dawson si fa "arte della memoria".

Vuskovic Rojo ci racconta, con questo libro, il periodo, durante il colpo di stato del '73, della sua prigionia nei campi di concentramento in Cile e, soprattutto, delle torture a cui fu sottoposto sull'isola di Dawson divenuta, anch'essa, luogo ideale, causa caratteristiche climatiche ecc., per essere campo di sterminio. Le torture, i sistemi scientifici mirati all'eliminazione, le umiliazioni, le discriminazioni, il dimenticare che il sangue è sangue, è sempre rosso e l'uomo è sempre uomo. Con "Dawson" ci dona una testimonianza di vita. Con la sua "arte della memoria" scende nelle trame della coscienza e non può fare a meno di vedere e rivedere la natura attorno come un sintomo portavoce degli orrori dell'uomo. Le foglie secche, col loro staccarsi dal ramo, si fanno metafora della morte imminente, l'arrivo della tempesta. In silenzio, la natura ascolta, annulla le percezioni per svanire nell'oblio del male oscuro dell'uomo. Disceso fra i suoi demoni e quelli dell'umanità, Vuskovic Rojo torna, e lo fa come messaggero, voce della natura che torna a splendere dopo la tempesta.

"Per soffrire nasciamo, ma anche per essere leali" e così l'arrivo della primavera è ricerca costante e lotta perpetua per la libertà. Dawson diventa l'esigenza di lottare per sé e per gli altri, per un Cile migliore.

Sergio Vuskovic Rojo, nato il 19 ottobre del 1930, è filosofo, scrittore, politico ed accademico cileno, sindaco di Valparaiso dal 1970 al 1973. L'11 settembre del 1973, in seguito al colpo di stato cileno, fu arrestato e torturato. Rimase per 8 mesi sull'isola, campo di concentramento, di Dawson. Visse in esilio in Italia, a Bologna e nel Salento. Nel 1988 gli fu conferita la cittadinanza onoraria del Comune di Martignano. Ha pubblicato: La base material del pensamiento, 1958; Investigaciones sobre el origen del pensamiento, 1961; Diálogo con la Democracia Cristiana, 1964; Teoría de la ambigüedad, 1964; Revolución, Estado, Propiedad: problemática demócrata cristiana, 1967; Un filósofo llamado Lenin, 1971; El proceso revolucionario chileno, 1973; Del stalinismo a la perestroika, 1991; Breviario de Platón, 1998.

Francesco Aprile