Nell’ambito della rassegna del Fondo Verri, Le mani e l’ascolto, il 3 gennaio la scrittrice e giornalista Maria Pia Romano ha presentato il suo nuovo libro, La settima stella.

Di seguito, un’intervista alla scrittrice.

F. A. – Francesco Aprile
M. P. R. – Maria Pia Romano

F. A. -  "Le mani e l'ascolto" è la rassegna del Fondo Verri che unisce musica e letteratura. Secondo te, in che modo la musica genera parole e le parole generano musica? Qual è il nesso fra le due arti?

M. P. R. - Sono felice che il viaggio de La settima stella sia iniziato proprio dal Fondo Verri nell'ambito di questa rassegna magica, secondo me.
La musica e la poesia si alimentano a vicenda, a mio avviso.
Mi è capitato di scrivere poesie ascoltando musica. Non è un caso che io citi dei brani (di autori che sono anche su myspace, tra l'altro) come ideale colonna sonora della mia raccolta: Matteo Bortone, Claudio Prima, Emanuele Coluccia, Irene Scardia. Sia la musica che la poesia sono esperienze di verità che arrivano al cuore, ciascuna a suo modo.
Sicuramente la musica può generare parole e mi è capitato, con gioia, di vedere che accade anche il viceversa.
Amo, inoltre, l'idea di proporre le mie poesie in questo contesto: non serve, secondo me, parlare per spiegare. Io non potrei usare parole diverse da quelle che ho usato. E' l'ascolto la chiave per entrare nell'universo di suoni della poesia.

F. A.
-  Ti trovi a partecipare alla rassegna del Fondo Verri, conosci Antonio Verri come scrittore? Se sì, cosa ne pensi, ha influito sulla tua scrittura?

M. P. R.
- Conosco poco Antonio Verri: ho letto alcune cose sue e ho letto molte cose che sono state scritte su di lui. Credo che tutto quello che leggiamo resta un po’ in noi e siamo il risultato, consapevole o inconsapevole, delle parole che abbiamo letto e della musica che abbiamo ascoltato. Poi tutto quello che abbiamo assorbito viene fuori in altro modo. Col nostro occhio. Ogni volta.

F. A. - Ad un certo punto, in "La settima stella", sembri ricalcare Vittorio Bodini (Tu non conosci il sud) con "tu non conosci l'amore che". Bodini ha un peso fra le tue influenze?

M. P. R.
- Adoro Bodini. Ha scritto delle pagine che sono un tributo d'amore al Sud, m'inchino a lui. La poesia che citi "Tu non conosci l'amore che abita in me", a parte l'assonanza che giustamente hai notato, è una poesia scritta da una donna lacerata dall'amore. Lei parla di quest'amore che è un marchio sulla pelle, è il figlio che non ha e il padre che sognava. Lui l'amore di lei, alla fine, può solo viverlo, non capirlo. E' questa l'amara solitudine interiore di lei. E' una poesia scritta d'un fiato. Sicuramente al femminile.

F. A. - Se sì, lo ha anche Lorca?

M. P. R. - Ho letto e amato Lorca e tempo fa ho anche portato in scena uno spettacolo con un chitarrista di Calimera, Vincenzo Tommasi, omaggio a Lorca. Avevo dodici anni quando sono stata folgorata dai sonetti dell'amore oscuro.
Ma tra i miei amori letterari non posso non citare la Duras e la Nin, Magris, Miller, la Yoshimoto. Poi Baricco, Cotroneo. E De Andrè sicuramente.