Due caffè_ grazie.

In tazzine piene di rumori urbani. Mentre una foglia, là in alto, spezza. Allontana le nuvole dal terreno. Sordità. Ancora. Grazie.
Quella foglia disegna. La rete verde e ci tiene in ostaggio. Lontano dagli altri. Teniamoci in salvo. Dal miraggio subdolo.
Mentre un girotondo di parole, tutte per mano, riempiono il vuoto nella portata degli occhi. così da stringersi, piano, a sogni che. Ci sono sogni da non sognare più. Il tempo sfiora solitudini in polvere gialla di pagine rovinate.
Ma un vento nuovo. Sfoglia al contrario pagine bianche di pance vuote. Rifluisce il tempo. Che non scandisce più. Improvvisando rilegature da quattro soldi.
Condite da scatti. Bruciati. Di sigarette mai veramente spente negli istanti in sale grosso. Di grandinate in coralli spenti. Senti. Hai visto il treno? Ha perso il passo di una vita. I finestrini scorrono tra passeggeri in direzioni dirottate. Consentimi un’altra stretta di mano fra me e la mia ombra. Che rinnega il mio percorso.

Due caffè.
E rumori. Serviti senza il conto.
Grazie.

Vi vedo. Tu e la tua ombra. Allontanarvi. Verso altre terre. Bighellonando. Sempre. Contemplo. Le vostre spalle voltate. Sento i passi. Negli anfratti dell’anima. Abbasso il capo. Chiudo gli occhi. Sorrido. Mentre il mattino si svincola dai raggi. E raggiunge la sera. Un’ultima sigaretta a fotografare. Noi. Grazie.

E canta. Una cresta d’onda ora che viene la sera. Nell’abbraccio morbido del sole, al giorno che non c’è più.

Due rumori. Ecco il conto.
E niente caffè.
Grazie.



Teresa Lutri, Francesco Aprile.
2010/06/02