Renato Leopizzi, Riconosciuto colpevole di attività sovversiva e antinazionale, il 6 aprile 1928, viene condannato a 6 anni, tre mesi e quindici giorni di prigionia. «La famiglia inoltra ripetutamente domande di grazia che egli si rifiuta di firmare per non dover rinnegare i suoi principi, la sua fede, i suoi ideali» (D’Antico, A.). Il regime, non sapendo piegare il suo spirito lo definisce come “vaneggiante” rinchiudendolo nel Manicomio Criminale di Napoli (1932), ma nel ’33 viene fatto tornare a Lecce, dalla sorella Maria. A Lecce progetta una nuova rivista, “La nuova stampa”, scrive il romanzo “La campana del mio convento”, cerca di riallacciare i rapporti con gli altri antifascisti, ma la Lecce del tempo non si accorge di lui, che resta continuamente sorvegliato dalla polizia, e intraprende la strada del silenzio, dell’indifferenza. Un giorno abbandona, senza preavviso, Lecce, recandosi a piedi a Parabita «dove aveva ascoltato per la prima volta la tenerezza degli affetti e il tepore dei sentimenti, dove aveva stabilito le prime amicizie, sentito il palpito dei primi ideali, ascoltato la voce del bisogno di libertà» (D’Antico, A.). Si reca nel cimitero a pregare sulla tomba dei genitori. Viene ritrovato a Leuca e giudicato, dalla polizia, affetto da “paranoia allucinatoria, pericoloso per sé e per gli altri” internandolo nel Manicomio di Lecce. Un certificato accerta la morte di Leopizzi pochi anni dopo esser stato rinchiuso in manicomio, morirà, in realtà, nel 1974 senza aver mai saputo che il regime contro cui aveva combattuto era stato sconfitto.
 
 
Non sono pazzo.
                           Ho solo paura degli uomini che altri uomini uccidono.
 
di Francesco Aprile
 
Per non cedere [
            [nelle accomodanti sperlunghe di tempo
scesero per me. con me a forza_
inesplicabili torsioni di scalini e porte e stanze. sviluppate nelle chiuse dantesche dell’inferno.
scesero per me. con me a forza.
per non lasciarmi sveglio alla vita_
spinsero in coma il mio corpo|
senza colpo ferire sulle mie idee.
spinsero. spinsero ancora in coma il mio corpo|
spinsero[
              e niente ferirono delle idee.
spinse-
           -ro. nei digiuni grigi della solitudine. la mia anima.
ma la mia solitudine. è quella di molti. e tutti. e conosciuti e sconosciuti uomini. ma la mia solitudine. è quella di tutti. di quattro mura bianche che mi chiudono gli occhi. di quattro. quattro mura bianche che mi fissano in un perimetro di urla e silenzi. e mi tolgono il cielo dagli occhi. ma la mia solitudine è quella di tutti. è nella deprivazione umana che s’accaniscono. è nella nostalgia delle mura bianche che mi opprimono e sopprimono. e nella latenza del vivere_ mi seppelliscono.

Mi uccisero due volte.
quando alla notte a forza mi portarono.
quando alla notte a forza mi tacitarono.
Mi uccisero tre volte.
quando in quella stanza per anni mi cacciarono e finsero la mia finta morte.
E quante. Quattro volte ancora mi uccisero.
quando nulla seppi della morte del regime che a forza mi aveva rinchiuso.
E quante. Cinque volte ancora mi uccisero.
quando morire mi toccò davvero. dopo 30 anni di morte nuda. in quattro mura bianche e nostalgie accusanti incastrate negli occhi. ora chiusi. imbrattati dalla cattiveria bruta di un regime senza libertà d’essere uomini.
E quante. Quante volte ancora il corpo mi hanno cacciato. E quante. Quante ancora lo cacceranno anche ora che non c’è più. anche ora. ora. e ora che gira il vento e soffia sulle mie parole. e ora. ora che il tempo s’alza come un sipario a scoprire e scoperchiare e smontare. le nostalgie stanche di quattro mura e cieli bianchi cancri chiusi in queste stanze. ho attraversato incerti spazi di tempo. ho attraversato il dolore. la pazzia dei tiranni. la ferocia. il bello e il cattivo tempo. e ora che ho attraversato stanze smunte di ricordi. e ora. ora. ora che ho attraversato i silenzi e non ho mai saputo che la resistenza non è stata vana. e non ho mai potuto raccontare ai nuovi arrivati che è poesia la resistenza e resistenza è la poesia e il grido. che fra le quattro mura ancora rimbalza. è la chiusa della mia vita spezzata.