1.

Il contesto storico in cui muove il Briganti è quello di un Regno di Napoli in cui non è ancora riconosciuto legalmente il valore del titolo di studio e, inoltre, il rapporto vigente, ancora, fra nobiltà e popolo è quello in cui il popolo accetta passivamente le decisioni della classe nobile, della classe dirigente, e spesso il comportamento dei nobili è quello di abbandonare i centri periferici, i luoghi di nascita, indirizzando i propri studi, e sforzi e voglie verso la capitale o i grossi centri del regno.

Filippo Briganti, nato nel 1724 a Gallipoli da Tommaso Briganti e Fortunata Mairo, non abbandonò il luogo di nascita, sotto l’influsso del padre il cui pensiero lo portava a considerare la classe dirigente come volta al prodigarsi per il bene comune, non abbandonando, ma anzi risaltando i centri periferici del Regno. Nonostante questo atteggiamento la presa di coscienza delle città meridionali restò legata ad una ristretta cerchia di uomini rintracciabili nella nobiltà locale.
Studiò a Napoli, ma subito dopo la laurea in legge nel 1745 tornò a Gallipoli, dove, dal 1751, ricoprì per diversi anni la carica di giudice dell’Elegia Corte. Morì nel 1804.

2.

Si andava formando nel Regno di Napoli una classe di nobili illuminati ed uno scambio reciproco fra questi ed i governi. Di fatto, scrive Luigi de Secly, nel profilo di Filippo Briganti dall’emeroteca della provincia di Brindisi – studi salentini, che «quell’opera riformatrice nata e sviluppatasi in quelle menti e in quei cuori fu imposta ai Governi […] si potette così assistere ad uno dei più insigni fenomeni storici che si fossero mai veduti: la intima collaborazione ora occulta ora palese fra gli intellettuali e un Governo che si vantava di essere anti-intellettuale, l’esistenza di un effettivo potere posto al di fuori del potere giuridico, la formazione – per quanto ristretta e limitata – di una opinione pubblica che indicava la via e giudicava».

3.

All’interno del pensiero del Briganti è possibile riscontrare il concetto di amor proprio come principio elementare, alla base dell’intima consistenza dell’uomo, della sua esistenza. Le passioni, d’altro canto, sono da considerarsi, in tale ottica, come modificazioni particolari dell’amor proprio. Alla ragione, reprimente, spetta il compito di rettificare le tendenze, spesso cieche dell’amor proprio, dette dal Briganti come «cieche tendenze» (in Dell’uomo e delle sue passioni. Dissertazione per gli amici della verità, Opp. Postume, II vol., p. 100, Napoli, Porcelli 1818). La dualità di questi movimenti presuppone la necessaria presenza dell’uno all’altro, la necessità dell’altro nel pensarne uno, azione e reazione di questi movimenti tendenti alla sintesi del bene generale. «L’uomo, dunque, tutto quello che fa, o trascura di fare, ha per oggetto il conseguimento del bene» (Ibidem, p. 101). Il raggiungimento del bene è messo a rischio dal poco reprimere che porta alla «intemperante fantasia» (Ivi), seduttrice, che condizione l’uomo portandolo ad uno sforzo scarsamente relazionato alla sua condizione, ai suoi interessi, illudendolo. Da ciò espone i suoi principi pratici: 1) Riprensione (azione della ragione, reprimere); 2) Direzione (che è propria della ragione, e dell’assoggettamento ad essa); 3) Durazione (durata e crescita della facoltà direttiva).

Il bene è inteso come divenire, entità in progresso, non stagnante, che può realizzarsi solo a partire dall’educazione, considerata necessaria per portare le qualità degli uomini alla giusta maturazione della ragione.

4.

Ambiguità presenti nel pensiero del Briganti sono riscontrabili in alcuni tratti delle sue teorie, contrastanti, perché se da un lato combatte privilegi e repressione, denunciando la tortura, dall’altro afferma che «nella tortura la giustizia va in traccia della verità».
Il tracciato teorico dell’illuminista gallipolino è reso oscuro da altri passaggi che, come questo, affermano «l’ordine morale esige che la verità precorra la giustizia e che l’esistenza prepari la condanna», percorribile nella concezione di una condanna di difficile lettura, alla quale ci si può accostare, per certi versi, attraverso il valore dell’esistenza passando da quel principio supremo che pervade l’opera del Briganti, Dio, che permane, è presente in tutto il tracciato teorico come supremo autore della natura, che pone, inoltre, rimedio al disordine diffuso dell’individuo composto da corpo e anima e mosso dai due elementi precedentemente visti, in perenne contrasto.

5.

L’analisi del sistema economico lo porta a perfezionare l’idea secondo la quale gli uomini tendano alla perfezione, al bene, estendendola alle nazioni in quanto aggregati di uomini. Procede, nel percorso di miglioramento dell’economia, teorizzando l’esclusione delle imposte dirette sulla proprietà privata, ma, anzi, indirizzandole nelle fasi di importazione ed esportazione delle merci.
Ammirò Rousseau e il Mably, pur non accettando né la concezione del buon selvaggio dell’illuminista “eretico” né la critica, nell’impostazione del Mably, verso la ricchezza e il commercio considerati come termini di corruzione.
Muovendo dalla velata critica al Rousseau ipotizzò un sistema in cui la proprietà nasce con l’uomo e il riconoscimento e la salvaguardia di questa porta inevitabilmente i singoli individui al rispetto dell’altro e della sua proprietà. Alla legge è affidato il compito della salvaguardia, del tutelare e impedire che uomini vengano privati dei mezzi di sussistenza, ponendo un limite alla proprietà, il tutto nell’ottica del pubblico interesse: redistribuzione delle ricchezze, dei terreni, dove ci fossero divari socio-economici eccessivi, e impedire che terre restino incolte e quindi improduttive.

Francesco Aprile (a cura di)



Belli, L., Filippo Briganti e il porto di Gallipoli, in «Apulia», dicembre 1981

Briganti, F., Dell’uomo e delle sue passioni. Dissertazione per gli amici della verità, Opp. Postume, II vol., Napoli, Porcelli 1818

Briganti, F., Esame economico del sistema sociale, Stamperia Fonderia di G. G. Destefanis, Milano

De Secly, L., Filippo Briganti. Sua vita e opere, Emeroteca di Brindisi – Studi Salentini

Papagna, E., Filippo Briganti patrizio di Gallipoli, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2006