“La cicora otrantina è la megghiu meticina”! Così espone un esperto orticoltore salentino al colorito mercato settimanale di Otranto, per sottolineare proprio le straordinarie virtù di questa verdura e invitare al suo consumo.
Non esiste locanda senza la sua specialità a base di cicoria!Onnipresente e combinata con le pastose fave verdi o secche di Zollino, con i deliziosi carciofi brindisini , con un filo d’olio d’oliva, una scorza di peperoncino, un bulbillo di aglio e tre fortunate olive nere di Nardò.
Allora tuonano tra la tradizione frasi che accendono il lampo piacevole dell’assaggio come “nu beddhru piattu te cicore ndilissate o a pignatu”, deliziose e fumanti, quando si ripropone la voglia, meglio se scortate da un bel calice di vino rosso, una “puccia” rossa di olive e cipolle o gratinate con il pecorino.
Chi è riuscito ad educare il suo bel giardino di “Otrantine”, nel mese di maggio avrà la fortuna di raccogliere e condividere un prodotto impareggiabile, dal sapore dolce e delicato alla punta, forte e amaro nella parte basale.
La cicoria, dalle ottime proprietà depurative e digestive in uso da secoli sulle nostre tavole,  fu diffusa già dal medioevo in ogni spigolo del Salento perfino dai monaci basiliani, stanziati nel monastero di Casole lungo la fertile valle del fiume Idro, quello che denomina appunto la città di Otranto.
Il Salento e la regione della Catalogna condividono la gradevole cicoria, apprezzata in ogni luogo del mondo storicizzata e riconosciuta da secoli, varietà universale che caratterizza anche altri territori come quelli di Galatina e di Brindisi a rappresentare importanti ecotipi.
Il nome volgare di questa pianta per i salentini si avvicina molto a quello che gli arabi chiamano Chikouryeh o da quello greco kichora, pianta cosmopolita conosciuta in tutta Europa dai tempi di Plinio e Galeno.
La cicoria all’acqua od Otrantina (Cichorium Intibus L.) non presenta botanicamente molte differenze da quella spagnola, se non fosse per lo scapo fiorale o “capu”, in dialetto leccese, un po' più alto, più incavato ma di diametro inferiore.
La pianta potrebbe dare ulteriori soddisfazioni se ben tagliata alla base, quando si lasciano i piccoli germogli, prominenze che i salentini chiamano “scattuni” o “fijuli” destinati a dare continuità produttiva.
Se poi i campi interessati alla coltivazione sono quelli della regione dei Laghi Alimini lungo la litoranea Adriatica che percorre il Salento o nella valle del fiume Idro ad Otranto dove il suolo sabbioso e le falde acquifere semi affioranti sono numerose, la cicoria assume qualità inaspettate.
Recentemente la cicoria Otrantina ha ricevuto un riconoscimento di eccellenza dal ministero, come prodotto agroalimentare tradizionale pugliese(PAT) aggiungendosi nel suo campo alla altrettanto valida sorella cicoria riccia (cecora rizza).
Il “mangiare pane e cicorie” si ripresenta oggi come esempio di un alimentazione povera che in tempi di ristrettezze economiche potrebbe ritornare con il dovuto onore di un tempo come il più tipico pasto della civiltà contadina mediterranea.

di Mimmo Ciccarese