...Tutta splendida, e nobile oltre modo, si per la maniera di generosi, e magnanimi Cittadini come anche per la varietà di ricchi, e belli ornamenti, che in ciascuna parte contiene. Vien cinta di ogni intorno di belle, e rilevate mura, benché queste siano poco necessarie alla grandezza de gli animi Leccesi, i quali assai volentieri mettono ogni occasione di difesa, solo nella virtù del corpo. La circondano fuori fossati mediocremente profondi, né vi mancano ripari di buonissima fortezza. Contiene intorno a settemila case, e qui si veggono palazzi di bel lavoro, sale ampie, et allegre, camere ornate, logge amen , finestre luminose, volte dipinte, cortili ben grandi, cantine con i ricetti, e ripostigli, e finalmente fabriche riguardevoli, che rendono i casamenti assai belli.

È quello che scrive Peregrino Scardino, uno scrittore salentino nel XVI secolo, ma a quel tempo non era certamente l’unico a narrare del nostro capoluogo con queste parole.
Lecce come città nella storiografia antica non aveva un’ubicazione ben individuabile perché non è su colli né in pianura, è lontana dal mare e non ha un fiume, quindi nel passato la nostra città poté trovare una sua identità attraverso la sua realtà primaria cioè le cave e la vegetazione caratteristica e con la realtà secondaria ovvero con la sua natura artificiale, infatti i confini della città erano segnati dalle piantagioni degli ulivi, la corona di orti e giardini che circondavano le strutture in pietra leccese.
Nell’antichità Lecce è stata segnata da continue distruzioni fondazioni, ricostruzioni che hanno contribuito un continuo rinnovamento per la città, favorito anche per la caratteristica della pietra leccese di non aderire a malte e cementi e si è prestata al lavoro di sostituzione di elementi conosciuto con il termine “cuci e scuci”. Dopo la distruzione da parte dei Turchi, il Cinquecento è stato poi decisivo per il rilancio dell’abitato e il territorio circostante viene descritto dai viaggiatori e scrittori come “conca d’oro”: presentata in un quadro idilliaco di eterna Primavera dove la mitezza del clima, si associa la salubrità dell’aria e lo spirare dei venti vivificatori.
In questo periodo accanto alla funzionalità agricola si crea l’idea di “giardino” diffuso alla periferia della città come ricreazione e sollazzo dei cittadini: intorno a Lecce i giardini sono il diadema, la “corona della città”.
L’identità urbana alla fine del XVII secolo ci viene proposta ancora nel suo aspetto ridente, manifestazione non secondaria della prosperità delle famiglie qui dimoranti. Un secolo più tardi, la formazione dei giardini entrano nella norma di un Capitolato per la concessione enfiteutica del suolo comunale istituito per la costruzione di villini a ridosso della cerchia muraria cittadina e per cui il concessionario era obbligato a costruire il proprio villino con un giardino piantumato rigorosamente con alberi ornamentali o alberi da frutto. È l’era del proliferare dei villini eclettici a ridosso delle mura cittadine, ancora oggi orgoglio della epoca urbana leccese di fine secolo dove i viali che li costeggiano erano luogo delle passeggiate fuoriporta durante le belle giornate.
Per dir la verità il desiderio di essere circondati dalla natura e di godere del nostro clima mite, non ci abbandona neanche ai giorni nostri e nelle nostre campagne o nel nostro giardino di città ecco riproporre antichi elementi rurali come chiostri e pozzi oppure d’obbligo sono gli elementi architettonici che consentano il controllo solare come pergolati o i più moderni brise soleil.
Grandi verande coperte che in altri luoghi non sarebbero godibili o addirittura potrebbero essere causa di scarsa illuminazione in casa. Nella veranda o giardino che sia, il Salento si vive all’aperto.
L’architettura nella nostra terra è quella che ingloba anche spazi aperti tipicamente mediterranei; è  sicuramente composta da strutture estroverse in diretto dialogo con la natura e qualora il  giardino non ci sia, in qualità di progettisti locali penso che sia morale dovere di proporre nei nostri progetti verande aperte, perché qui più che altrove è sempre primavera.
Alla fine del ‘800 il Corriere Meridionale scriveva “ La stagione autunnale procede quest’anno mite e benefica ed i villeggianti largamente se ne avvantaggiano popolando la città (tutti sono villeggianti a Lecce e chi non lo è scagli la prima pietra)”.
 
di Alessandra Paresce