«Amo la sincerità, l’essere leale, la semplicità, le poche parole, quelle giuste e per di più l’armonia e la pace».
Arriva così, oggi, per noi, una “carezza” dal cuore del Salento: Mario Nuzzone. Chitarrista e cantautore autodidatta di origini leccesi, risiede in Germania ormai da quasi quarant’anni. La critica tedesca lo ha definito un musicista che “interpreta i propri pezzi con una speciale espressione poetica”.


Mario, ci racconti un po’ la sua storia...
Su di me? C’è scritto tutto sui miei testi. La scrittura è il mio diario.

«[...] C’era una volta molti anni fa/Sotto la porta di una città [...]»

Un vagabondo musicista... (sorride)

«[...] Un vagabondo musicista che cantava gridando la vita com’ è e girovagando faceva l’artista, però nessuno sapeva chi è [...]»
Su ogni pezzo c’è uno schizzo: equivale alle mie esigenze ed ai miei sogni: amo la semplicità e guardare il mondo senza pretese. Il mio unico intento è “vivere”, vivere la vita fino in fondo, in armonia con la gente.
Una mia esigenza particolare? Tornare alla bicicletta, lontano dai rumori, dai motori, dalla gente complicata. Lo scrivo anche in una mia canzone Addio grande città: “in campagna vado a fare casa mia”. È quella “fantasia dimenticata” che ha bisogno del sole, della terra, della natura per poter crescere e sempre rifiorire. È un po’ difficile immaginare questo, nella realtà che oggi respiriamo, ma è proprio grazie alla fantasia che si può andare oltre ciò che è visibile, che è, diciamo,invisibile agli occhi.

Chi è il sognatore?
D
icono che sia io. Molte volte mi hanno attribuito questo aggettivo e, quasi quasi, mi sono convinto, godendo di questo sogno infinito!

Una sua canzone, Come un bambino il mio cammino, recita: «[...] Camminando su una prateria navigava la mia fantasia respirando mille colori di prati verdi pieni di fiori [...]»  
Questa canzone rappresenta me stesso, il mio cammino, il ritmo della mia vita che “come un bambino va”.

La canzone è accompagnata, come altre, da un videoclip, di cui lei stesso è ideatore e regista, nel quale il protagonista è un pupazzo di stoffa...
Si, è un pupazzo di stoffa, interamente realizzato a mano da una simpatica vecchietta, residente in Germania. Lo aveva regalato a mia figlia Serena in occasione del suo primo compleanno, quindi circa 22 anni fa. Don Daniel, così mia figlia lo ha sempre chiamato, ha rappresentato nel videoclip il modo più adatto per esprimere, secondo me, al meglio i sentimenti della canzone, la nostalgia dei miei desideri. Insomma: quel pupo sono io!

Mario “vagabondo musicista”...
Il vagabondo musicista esprime il senso della libertà, l’essere libero dell’artista, i suoi desideri, in assenza di doverosi impegni, immaginando luoghi nei quali ti va di cantare ad alta voce, di stare tra la gente, tra le persone che condividono con te un sentimento di gioia, di piacere, ma anche di dolore  e/o nostalgia.

In che modo è nata la sua passione per la musica? Come ha iniziato ad avvicinarsi alla chitarra?
Ho scoperto questa mia passione un po’ tardi, forse. Avevo circa 18 anni ed ero molto scapestrato, diciamo la “pecora nera” della famiglia. In casa è stato un po’ difficile riuscire a studiare i primi tempi. Dovevo praticamente nascondermi in cantina - quello era il periodo dei New Trolls, dei Beatles, in cui si usava affittare le cantine per ritrovare gli amici. La cantina rappresentava quel luogo dove suonare in gruppo era uno sfogo giovanile, in quanto non esistevano le discoteche. Per il resto, si sa, agli inizi, quando si intraprende lo studio di uno strumento, non è sempre facile essere ben piacevolmente ascoltati. Mia madre, spesso, portando le mani sulla testa, mi diceva: - Basta, finiscila! - Anche perché iniziavo ad usare la chitarra elettrica, “suoni sconosciuti” alla piccola Lecce, considerati, forse, solo rumore, voglia di cambiamento ed evasione...

Ma questo non l’ha scoraggiata nel continuare, anzi... Quali sono stati i fattori che l’hanno spinta a continuare e ad andare avanti?
Confesso che non è stato così semplice. Agli inizi, infatti, ogni tanto abbandonavo lo strumento, ma presto mi mancava qualcosa, il “luogo” in cui ritrovare me stesso. Ecco perché sottolineo spesso nelle interviste che quello che scrivo e dico nelle mie canzoni è quello che sento. La giusta alimentazione dell’anima mia è la musica e la chitarra è la mia indissolubile compagna. La musica mi dà gioia e forza per vivere, con lei riesco ad arrivare alla vetta dei miei sogni, a superare la solitudine e toccare gli orizzonti. Dialogare attraverso uno strumento significa per me dialogare con qualcuno, senza contraddizioni, con un amico al quale confidare le mie esigenze, i miei sogni, i miei pensieri più profondi.

Nelle sue canzoni, narra la nostalgia per la sua terra, il sentimento puro leccese. A bbasciu a nui è una di quelle...

A bbasciu a nui è una canzone dedicata al Salento, all’odore del mare, al sapore del sale, agli alberi di argento  e alla musica del nostro vento. Questa canzone intende dare quel bel senso di armonia di cui mi piace sempre tanto parlare. A bbasciu a nui, però, non è l’unica canzone scritta in dialetto leccese...

C’è anche Mena mè...
Esatto. Mena mè è l’aria del Salento nella quale ritrovarsi, ballare, cantare e, con la gioia di un abbraccio, diventare grandi amici. Si allontana dal significato originario della pizzica, quindi della taranta, in cui la musica è terapia ed accompagna uno stato di trance dal quale liberarsi.  Nelle mie canzoni, invece, è importante il toccarsi, l’abbraccio dal quale traspare intimità, condivisione.

Queste due canzoni sono le uniche che ha scritto in dialetto leccese, le altre sono tutte rigorosamente in lingua italiana. Tutte contengono dei messaggi ben precisi, che toccano davvero il cuore. Il dialetto leccese per ricordare le sue origini o per altre ragioni stilistiche?
Il mio intento è stato quello di ricordare le radici per crearne di nuove. Ci sono canzoni che ricordano nel testo la Lecce antica: Chicchinella, Napoleone, le carrozze. Altre fanno riferimento agli anni Novanta, ai tempi in cui gli albanesi “coi rastrelli tesi” pulivano i vetri agli incroci stradali. Ecco, qui c’è una mia precisa chiave di lettura: il vetro pulito è il simbolo che ci ricorda la possibilità che abbiamo ogni giorno di riuscire a guardare ancora più lontano, oltre.

Mario, c’è veramente ancora tanto da dire: i suoi testi parlano di amore, di fratellanza, del sentimento leccese, ma anche del futuro, fino a giungere alla natura, all’ambiente, alla “questione” legata all’energia nucleare...
Si, Vivere è la mia canzone preferita, non invecchia mai, è sempre attuale.

Come mai una canzone sul nucleare? In Germania, sul suo territorio di vita, come si vive questo tema di raggio mondiale?
Tutti parlano, tutti sono pronti a manifestare contro il nucleare, però, al contempo, tutti pretendono tutte le comodità alle quali poi, alla fine, non hanno la minima intenzione di rinunciare, né per se stessi, né per il bene comune, per il bene dell’intera umanità intendo.

Vivere: testo, musica ed immagini-video sono arrivati anche, qualche anno fa, tra i banchi della Scuola Media Statale “A. Galateo” di Lecce...
Si, diciamo che le immagini-video, il testo, hanno destato la curiosità di una giovanissima studentessa che ha proposto alla commissione scolastica la visione del videoclip di Vivere per discutere la sua tesina di licenza media ed argomentare sul suo tema oggetto d’esame. È stato qualche anno fa, quando in Italia si aspettavano gli esiti dei referendum abrogativi su acqua, nucleare e legittimo impedimento.

Mario, lei ha due figli, Serena e Nicky, che si intravedono, tra l’altro, anche nei suoi videoclip. Una delle sue canzoni è dedicata proprio a sua figlia Serena...
I miei figli sostengono il mio modo di vedere la vita, di pensare, lo condividono. Per questo hanno preso parte, entusiasti, alla realizzazione di molti miei videoclip.
All’improvviso è dedicata a mia figlia in modo simbolico: l’obiettivo era quello di trasmettere alla gente il senso effimero della vita. Essa “narra”, quindi, il trascorrere del tempo, quel tempo in cui i giorni sembravano lunghi, “quando c’era ancora il desiderio di avere ogni giorno un anno in più”. Giornata speciale è, invece, una canzone dedicata interamente a mio figlio Nicky, in un momento molto importante della sua vita: il matrimonio celebrato in Brasile. Il videoclip contiene scene reali, che ritraggono “dal vivo” un giorno importante della vita.

Ed ora, pensando alla sua storia, torniamo al nostro presente italiano, non tanto roseo, purtroppo. Verrebbe da domandarle: perché si è trasferito in Germania?

«Per fare un giro fuori dalla pista» - come dice anche una mia canzone! -
Per vedere come girava il mondo al di fuori dalla mia piccola realtà: è molto importante andare controsenso, non seguire la massa. Andare contro la corrente di un fiume comporta più difficoltà, comporta un dispendio maggiore di energie, ma, al contempo, costituisce fonte di rinnovamento e di pensiero d’azione costanti.

Andare in Germania ha cambiato totalmente la sua vita di musicista?
Certamente la mia decisione ha influito molto sulla mia carriera da musicista. Lì ci sono molte più opportunità per suonare ed esibirsi rispetto a ciò che, purtroppo, avviene qui in Italia. D’altro canto, c’è da dire che i tedeschi apprezzano molto la musica italiana, ma soprattutto la creatività artistica.
Il mio desiderio più grande, al momento, sarebbe quello di far conoscere, qui nel Salento, nella mia terra madre, la terra in cui sono nato, della quale mi nutro e scrivo nelle mie composizioni, la mia musica che, paradossalmente e/o purtroppo, ancora conoscono in pochi.
Venite a conoscere un vostro compaesano che ancora non conoscete...

A proposito della situazione di crisi che incombe sul nostro Paese, cosa si sentirebbe di dire ai giovani, musicisti e non, tutti indistintamente colpiti dal disagio politico/economico di questi ultimi anni?
Mi sentirei di rispondere ancora una volta con le parole di una mia canzone: Ma apri quella finestra per vedere il mondo com’è fuori! «C’è qualcuno che aspetta ed ha bisogno di te [...] Vedrai il sole, il sole vero, vedrai la luna, la luna vera, il cielo, le stelle e qualche nuvola in più [...]».
Voglio dire: c’è sempre qualcuno che in qualche parte del mondo ha bisogno della tua mano, ma, non per questo, bisogna pretendere dalla vita chissà cosa. Ognuno dovrebbe, secondo me, fare una cosa piccola, per poi insieme costruire realmente qualcosa. Invece qui, spesso, sento dire: - No, ma cce ha fare? O Simile... Detto in dialetto rende meglio, non crede?
Quando torno qui a Lecce, osservo la gente: ai loro occhi sembra tutto difficile. Come mai? Forse perché non c’è davvero l’intenzione di migliorare il tutto o forse il perché è che si dovrebbe veramente inciampare definitivamente...?
La chiave per vivere è l’azione: fate ragazzi, non vi arrendete! Non fatevi guidare dai mass-media, cercate di realizzare un progetto tutto vostro, con il vostro saper fare e la vostra creatività. Muovetevi ed andate sempre avanti con in testa un obiettivo, che deve essere il vostro e di nessun altro.

Ringraziamo Mario Nuzzone per averci fatto fare un “tuffo” nella sua vita e, nel farlo, segnaliamo alcune tra le sue canzoni di maggior successo:

-    All’improvviso: http://www.youtube.com/watch?v=LaKCgGwcAE0
[brano originale tratto dall'album "All’Improvviso" - edizione 1998]
-    Come un bambino il mio cammino: http://www.youtube.com/watch?v=TOtCm6uM3ss
-    A bbasciu a nui: http://www.youtube.com/watch?v=ds7kEHcVcQM
                         [brani originali tratti dall'album "Padre Nostro" - edizione 2004]
-    Mena mèhttp://www.youtube.com/watch?v=VvZXmpVmOIo
                         [ultimo singolo]


Mario Nuzzone è un cantautore italiano. Di origini leccesi, risiede da quasi quarant’anni in Germania, ad Emmendingen, dove si esibisce in numerosi concerti e spettacoli, accompagnandosi solitamente con la chitarra acustica e l’armonica a bocca.

-   Info: http://www.marionuzzone.de/kontakt/index.html
-    Canale youtube: http://www.youtube.com/user/marnuzzo1  

di Pamela Pinto