Il film della gara pareggiata contro il Siracusa racchiude la pellicola di un incontro già visto e vissuto sugli schermi di un "rimpallino", gioco caro a Liverani, al quale ha abituato la platea leccese.
Si doveva obbligatoriamente vincere come da proclami societari e tecnici, e si poteva anche vincere per un numero imprecisato di palle gol sciupate malamente.
In settimana avevamo evidenziato la sterilità offensiva e la debolezza in retroguardia quali problemi principali di una squadra che comunque arranca nel gioco e paga scelte azzardate di uomini e modulo.
Il campo conferma tristemente le nostre indicazioni rivelando la penuria di gol, la perforabilita' difensiva, il caos nel gioco, lo schieramento avanzato ad "imbuto" e le scelte improvvisate.
Che poi il Lecce abbia sciupato la vittoria per errori banali sotto porta, in particolare di Di Piazza, resta un'altra innegabile verità.
Quel che non convince proprio più è però il modo come Liverani cerca di affermarsi ricalcando un calcio preistorico fatto di palloni alti buttati alla "men peggio" nell'area avversa.
Il gol del vantaggio iniziale di Marino, che pure metteva in discesa la gara, è servito a poco perché De Silvestro pareggiava subito con la complicità di Lepore.
Il resto della partita è stato un monologo, attaccare all'arma bianca senza lucidità, ordine e criterio valido di gioco, ma con un forsennato assedio di uomini, tra cui anche Cosenza, che sportellavano sia tra di loro che con gli avversari sui palloni a campanile.
In certi momenti la resa era anche comica per gli errori pacchiani e scoordinati.
Sul finale anche contestativo di un presunto penalty preferiamo metterci una pietra sopra, evitando commenti critici.
Nel mentre l'andatura di Catania e Trapani si è rifatta imperiosa, vogliamo stendere un velo pietoso su quanto i giallorossi hanno saputo sperperare facendosi oramai quasi raggiungere.