Numericamente da condannare per le  "quattro sberle che fanno male", la sconfitta di Cittadella potrà rivelarsi utile nella misura in cui la lezione ricevuta avrà i suoi effetti positivi.
Il riferimento non è solo ai gol incassati, quanto alle situazioni che li hanno causati, già affiorate negli ultimi tempi.
Formazioni improponibili per squilibri tecnico/tattici particolarmente in mediana ed in attacco, mentalità agonistica annacquata da leggerezza interdittiva, gioco disperso durante il percorso, fanno del Lecce post Natale una formazione trasformata in peggio, nonostante gli innesti che dovevano puntellare la squadra.
Sotto tale profilo preoccupano relativamente i 3 gol siglati di testa da un Moncini indisturbato da Lucioni e Calderoni o gli affondi ripetuti di Benedetti e Branca a sinistra, se rapportati alla consistenza generale dei giallorossi, incredibilmente precaria per alti traguardi.
Le attenzioni vanno puntate sul modo di stare in campo, trasformato nella fase offensiva, che vive di azioni a singhiozzo e non più coordinate e sviluppate da gioco organico, e sulla fase di una difesa non protetta, esposta ad attacchi esterni ed interni, in difficoltà nei suoi uomini rappresentativi.
Gli errori di Calderoni, Fiamozzi e persino di Lucioni sono emblematici di una situazione da correggere partendo proprio dalle funzioni difensive di Tachtsidis, Petriccione, Haye, Arrigoni, Mancosu, Majer.
Il tutto finalizzato a conferire nuovo vigore agonistico, mentalità vincente, gioco fraseggiato e pungente, che le realizzazioni del redivivo La Mantia non possono risolvere senza l'apporto significativo di Falco, Mancosu e Petriccione, triade vincente della squadra.
Da qui una lezione positiva derivante dal saper sfruttare a proprio vantaggio le problematiche emerse, che lo stesso Liverani non può negare dicendo: "rifarei nuovamente  tutte le scelte operate contro il Cittadella".
L'harakiri masochistico è da evitare assolutamente se si vuole puntare alla serie A.