A dispetto di sogni e miracoli vagamente mandati in onda e conformemente alla reale dimostrazione di forza, il Lecce prosegue la sua marcia trionfale, issandosi in vetta se pur in coabitazione con il Brescia.

Mentre il Palermo accusa un'altra battuta d'arresto in casa del Pescara, i giallorossi liquidano la pratica Cosenza passando per un momento di sofferenza. Il riferimento non è solo al gol iniziale di Garritano, subíto tra l'altro a difesa schierata con Tutino che lascia filtrare un pallone sotto gli occhi spenti dei centrali salentini, quanto all'andamento compassato dell'intero incontro. Succede pure una mezza battuta di stanchezza operativa se di fronte si ha quella "vecchia volpe" di Braglia che mischiando le carte presenta una squadra inedita, folta nel mezzo, veloce e guizzante in avanti.
Il suo piano è chiaro:sorprendere il Lecce in ripartenza spostando il baricentro medio alto con due punte mobili che infastidiscono non poco i guardiani arretrati.
La scelta di Liverani di immettere Arrigoni al posto di Tachtsidis, si rivela errata e precaria, smentita dallo stesso subentro a 30 minuti dalla fine. Il percorso inverso tra i due play avrebbe agevolato di più l'impresa leccese.
Quando una squadra forte non gira ai massimi decibel collettivi, sono i suoi singoli a sbancare gli avversari, come successe con Tabanelli e soprattutto La Mantia che rimontano e triplicano il gol iniziale dei "lupi silani".
L'asse vincente centro avanzato colpisce ancora regalando alla folla salentina un successo inebriante che ribadisce il valore ottimale di un gruppo che veleggia direttamente verso la serie A.