Il risveglio tecnico, tattico, fisico, motivazionale dei giallorossi è da attribuire prioritariamente ad un loro ritorno ad un recente passato che li ha visti attori principali in serie B.
La scelta degli uomini ed a un certo punto anche strategica di Liverani, prescindendo se voluta oppure casuale, conferma la giravolta all'indietro, rivalutando i calciatori messi da parte ed approcciandoli ad un sistema di gioco con il quale hanno dettato legge tra i cadetti.
Pur non volendo trascurare la colpevole leggerezza del Toro in formato snobbista dobbiamo evidenziare la ritrovata identità dei salentini che in una gara segnata in partenza sfoderano spirito di gruppo, amalgama, determinazione difensiva, intese, gioco ed incisività.
Particolarmente nei trenta minuti finali della seconda frazione, quando il tecnico decide di sostituire la coppia Lapadula/Farias, tignosa ma non eccezionale, con il tandem Babacar/Mancosu, si rivede in campo un collettivo coeso, manovriero ed imprevedibile che aveva sorpreso la platea calcistica sino a pochi mesi fa.
Potenza del calcio vero, capace di smentire programmi e velleità prospettiche protese a presunti rafforzamenti dettati da nomi teoricamente forti.
Proprio così, Tabanelli, Calderoni, Majer, Lucioni, Tachtsidis, Mancosu e specialmente Filippo Falco, si confermano lo zoccolo duro della squadra, capace di sovvertire qualsiasi pronostico, all'insegna di un calcio propositivo, mediato da schermaglie difensive, agonistiche e raccolte.
Non tragga in inganno la vittoria con il solo gol di scarto di Mancosu, che bissava la rete da opportunista di Farias, spegnendo definitivamente le velleità dei torinesi, nell'occasione in versione molto allegra.