Il nome che più risuona in Italia quando si parla di origini del teatro moderno è sicuramente quello del veneziano Carlo Goldoni, iniziatore ed esportatore nella quasi totalità del Belpaese di una commedia nuova, all'avanguardia. Non si può certo affermare che il teatro nel Sud Italia sia stata un'occupazione prevalente nel ‘700: la maggior parte della popolazione, infatti, era povera, lavorava i campi, non aveva spazio e tempo da dedicare alla vita culturale; gli unici a costituire il cosiddetto pubblico pagante erano gli aristocratici (uomini e donne il più delle volte rozzi e senza cultura, che appartenevano a quella determinata classe sociale sol perché avevano ereditato titoli nobiliari) e i borghesi (commercianti che si dilettavano nell’assistere ad uno spettacolo teatrale), che, tuttavia, non intrapresero mai gli studi attoriali, considerati solo come un passatempo e, soprattutto, come qualcosa che non portava profitto.
Così, si arrivò a fare e scrivere teatro moderno nel Sud Italia soltanto nel ‘900. E nel Salento, il primo ad impegnarsi in questo arduo compito è stato Raffaele Protopapa. Se si vuole, si può considerare Protopapa come il Goldoni di Lecce, del Salento. Proprio come il veneziano innovatore della commedia italiana, infatti, Raffaele Protopapa ha saputo trasmettere buon umore al pubblico rimarcando i suoi stessi pregi e difetti, senza mai offendere o denigrare: un pubblico il più delle volte piccolo intellettualmente, semplice (nell’accezione positiva del termine) e benpensante, attento a ciò che l’altra gente possa pensare di lui; in una sola parola: borghese.
Nato a Lecce nel 1907, e qui spentosi nel 1995, Raffaele Protopapa si avvicina al teatro sin da giovanissimo, e come attore e come scenografo. “Lu Requenzinu e le ciapezze” è la sua prima commedia, scritta a soli 17 anni. Con questo lavoro, egli inizierà il suo percorso che avrà come fil rouge la lingua dialettale e i tre personaggi di Pati Cenzi, Tora e, appunto, Requenzino Cannetta. Nel ’44 scrive la sua opera più conosciuta, “La furtuna”, pubblicata negli anni ’60. Nel frattempo lavora come dipendente delle Ferrovie del Sud-Est e recita nell’associazione “Piccolo Teatro di Lecce”, di cui è anche fondatore. Accresce la fama di Protopapa e, nel contempo, nascono altre sue opere come “L’acchiatura” e “Filippo e Panaru”, oltre ad atti unici e sketch. Sarà memorabile per i leccesi, a tal proposito, l’esibizione con Mario Perrotta (altro grande nome del teatro salentino) al Politeama Greco dello sketch “La pizza alla margherita”.
Il 1977 è l’anno della fondazione dell’associazione “Amici del Salento”, con la quale Protopapa incoraggia tanti giovani a cimentarsi nella vita teatrale. Tra il 1983 e il 1994 pubblica dei volumi contenenti alcune delle sue opere.
A quanti gli chiedevano come mai fosse diventato scrittore di teatro, egli rispondeva che era un “vizio”, qualcosa che nemmeno tutte le varie vicissitudini incontrate lungo il suo percorso gli hanno impedito di fare. Qualcosa che faceva per divertire sé stesso, come da lui affermato. E fino alla sua morte, avvenuta il 10 maggio del 1995, Protopapa dedicò anima e corpo al teatro.
Un ideatore e innovatore a tutto tondo, insomma. Uno di cui la nostra cara terra aveva bisogno. Un autore e attore che, insieme al suo “vizio” e al suo umore, dalla piazza del paese più piccolo al più grande teatro di Lecce, non verrà mai dimenticato. A Lui è intitolato il Centro Studi, coordinato da Franco Ciardo, sino a qualche anno fa organizzatore della rassegna “Le parole della memoria”, discendente della famosa “Rassegna Zero”.