A San Siro è andato in scena un film tragico/piacevole i cui protagonisti hanno reso attraente o viceversa ripugnante per i fans al seguito e in visione.
I salentini partono come di consueto con un atteggiamento sbagliato, remissivo, contratto, tirandosi sopra un Milan elegante e manovriero dal palleggio facile e le tante occasioni gol scaraventate contro i pannelli pubblicitari.
I rossoneri appaiono incontenibili penetrando nella retroguardia di Liverani come un coltello che taglia e spanna un burro a proprio esclusivo intendimento.
Roba da matti per una squadra promessasi di battagliare e che invece si ritrova nuovamente a patire per i suoi stessi difetti prima ancora dei meriti altrui.
Tutto il primo tempo è una sequela di attacchi milanisti contrastati malamente dai giallorossi, ma all'incasso si produce un solo gol di Calhanoglu, evitabile quanto colpevole.
Il fantasma di Bergamo svolazza sullo stadio storico attanagliando una squadra nuovamente alla deriva.
E poi, e poi succede l'imprevedibile che governa il calcio a qualsiasi livello.
Una romanzina intermedia, il cambio di Falco stranamente frenato e l'ingresso di Farias, quindi l'entrata in campo di Petriccione al posto dell'evanescente Majer, non era il solo, il baricentro del gioco spostato finalmente in avanti, segnano il crollo di un impianto Milan inconsistente ed assai labile.
Si pareggia su rigore, ma si ha la sensazione netta di poter infierire nonostante la solita rete di Piatek subentrato ad un Leao tutto da scoprire.
Calderoni si produce in un altro gol fantastico stabilendo la meritata rimonta, che accanto all'euforico entusiasmo della truppa leccese lascia un velo di rammarico per un clamoroso colpaccio, mancato unicamente per non aver osato al tempo giusto.
Lezione appresa ?
Con la Juve lo si dimostrerà al Via del Mare.