Vincere fa sempre bene, ma alcuni successi, se pur parziali, oltre a divenire storici per la loro portata, avvicinano all'apoteosi emotiva i protagonisti come i loro sostenitori.
Lecce-Juve dal pronostico chiuso si è trasformata in una festa salentina per il pari conseguito sul prato verde, profondendo energie incredibili nel contrastare la marcia dei giganti.
Al turn over di Sarri, presuntuoso, offensivo e deleterio, ha risposto una compagine "tutto cuore", che con gli esigui mezzi disponibili ha saputo contrastare il passo della corazzata bianconera, nell'occasione priva di munizioni e di cecchini al bersaglio grosso.
Se da una parte si riscontra la goduria dei leccesi nell'assaporare una gioia insperata e solo vaticinata, dall'altra non possiamo tacere la dabenaggine consenziente di un trainer alle prese con uno scudetto, per lui forse ancora problematico.
Il Lecce ha disputato la sua onesta grande partita raccogliendosi sulla linea arretrata e ripartendo appena possibile nel tentativo di perforare la porta avversaria.
Encomiabile ed a tratti commovente l'impegno attuato pur con i limiti e le difficoltà presentate dallo scontro impari.
È la Juve allestita male, condotta peggio ed attrezzata in avanti senza nerbo, lucidità e precisione, che ha lasciato moltissimo a desiderare contribuendo ad una giornata regale di tutti i salentini.
I due penalty contrapposti fotografano una partita avara di conclusioni in porta degne soprattutto di campioni in carica ed in ascesa, mentre motivano la truppa di Liverani a tentare anche di più nel proseguo del campionato.
Testa bassa e pedalare senza farsi prendere da eccessi euforici che possono rivelarsi contropruducenti per una neopromossa in cerca di ben altra gloria.