Il Lecce delude in una gara di notevole rilevanza per il suo progetto salvezza. 
La prestazione deficitaria, particolarmente in retrovia, da inquadrare comunque in un processo di adattamento al massimo campionato calcistico, trova le sue motivazioni e cause in problematiche congenite di natura tecnico tattica e mentale.
Proprio quest'ultimo fattore, quello psicologico, tradotto in disattenzione soprattutto difensiva, stupisce ed allarma in considerazione della indispensabile determinazione da non poter mai svilire. 
L'atteggiamento di squadra ed il conseguente gioco, alterati nella gara persa per 3-0 al Rigamonti di Brescia, volendo imporre e proporre gioco più aperto quando la caratteristica peculiare di questo Lecce resta quella del contropiede, sono stati l'esempio tangibile di una gara preparata male e vissuta peggio. 
Questa formazione non può permettersi infatti di allargare ed allungare le maglie difensive, avendo indispensabile necessità di protezione e filtro dei restanti reparti. 
Liverani invece, preso dalle sue velleità di gioco offensivo aperto, contrariamente a quanto decretato dal terreno di gioco, prepara ed impone spesso un calcio manovrato in lungo e largo, conseguendo delle improvvise defaillances. 
Il Brescia ha punito pesantemente questo proponimento, rinnovando una lezione già avviata da Hellas Verona, in parte da Genoa e Sassuolo e per aspetti similari da Inter, Roma e Napoli. 
A Liverani sentiamo di dire che i suoi attaccanti non sono di scarsa qualità prestativa, come dimostrato dai tanti gol realizzati, ma nel contestare le sue affermazioni pesanti riguardanti le sue punte, lo invitiamo a rivedere alcune sue idee strategiche, poco attinenti alla realtà giallorossa.