Il pesce conservato è stato un alimento di antichissima origine e di utilizzo soprattutto nella cucina delle classi sociali meno agiate e lontane dai luoghi della pesca.

Due forme di pesce conservato si son diffuse, almeno per il pesce di maggiori dimensioni:

l’essiccazione e la salatura, Sicché lo stesso nasello diventa stoccafisso o baccalà. La sapidità e la maggiore economicità, nelle terre messapiche, hanno segnato il successo del baccalà. E di mille modi per cucinarlo.

Il gioco di oggi non è difficile ma richiede un minimo di pazienza oppure l’uso della tecnologia.

Se non avete pazienza dovreste cercare una pentola con un falso fondo, quella cosa bucata che si mette dentro e che non si usa quasi mai, alcuni la scambiano per scolapasta visto che ha i buchi. Il falsofondo serve solo per non far toccare il fondo alle vivande che si stanno cucinando.

Se invece avete pazienza e vi piace la terracotta, il falsofondo ve lo dovete fare da soli, intrecciando le canne e legandole con i giunchi come se fosse la parete di un cesto (panaro).

E vi occorre del baccalà (se avete tempo e pazienza salato e secco da tenere a mollo almeno tre giorni) oppure già ammollato (è buono ugualmente ma la poesia un po’ si perde).

Fatto il pieno di pazienza o di tecnologia moderna si sceglie una apposita pentola per la salsa. In essa si va a versare abbondante olio extravergine di oliva e si va a riscaldare un pesto di aglio e rosmarino. Se non volete che vi capiti in bocca e nello stomaco, potete racchiudere le due verdure aulenti in un sacchetto di garza cucito. Quando l’olio è ben caldo si sfuma con mezzo bicchiere di vino bianco e, fattolo evaporare, si aggiungono dei pomodori pelati e, magari, una mezza bottiglia di salsa di pomodoro a fare una salsa sciolta ma non troppo liquida. Cotta la salsa e disfatti i pomodori, si acconcia una pirofila con il falso fondo (naturale o tecnologico che sia), si pone sul falso fondo il baccalà in pezzi mondati e ben spinati, e si cosparge della salsa preparata. La pirofila va tenuta in cottura (coperta) per circa un’ora a fuoco molto basso e poi la cottura va completata in forno, scoperta, per ancora un’altra ora a 140 gradi non ventilati.

Si serve caldo e si accompagna con gli “zanguni a minescia” che scoprirete da soli o imparerete un’altra volta. Non bisogna fare indigestione nemmeno di letture.

E anche qui ci soccorre il Metiusco Rosato di Palamà.

P.S.
Se siete stati bravi e pazienti nel sacchetto degli odori ci avrete messo anche un po’ di pelle del baccalà, ma questi son segreti segretissimi.

 

 (NdR. Per chi fosse interessato ad essere recensito dal nostro Pino De Luca ed entrare a far parte della nostra rubrica "Dove Mangiare" , può chiedere informazioni alla redazione al seguente indirizzo mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. )