Nato nel '79, vive a Roma. Giornalista, collabora con "Il Nuovo Quotidiano di Puglia".

Ha pubblicato:

Corpo poetico irrisolto, Besa, 2003;
Jack Kerouac, il violentatore della prosa, Icaro Editore, 2006;
L'incanto delle macerie, Icaro Editore, 2007.

Cura la rivista culturale, online, Vertigine, che ora è anche una casa editrice, la sua nuova scommessa.

Rossano Astremo, la scrittura come metafora della vita

«Colore e suono sono come due fiumi che nascono da un'unica montagna, ma che scorrono in condizioni del tutto diverse, in due regioni che nulla hanno di simile, cosicché nessun tratto dei due corsi può essere confrontato con l'altro».

Così Goethe commenta colore e suono, definendoli come due corsi che non possono essere confrontati.

La scrittura di Astremo sembra rigettare questa definizione.

«Fuori piove: una corazza musicale a scandire il respiro (un suono che ricorda le tue danze)».

Attraverso una pratica carnale, che porta la figura retorica, il gioco linguistico, in stretta relazione con la realtà, trasformando il tutto in realtà, Astremo fonde suoni e colori, tetri, crudi, che sanno di terra, fango fra i denti, come, ad esempio, in "La carne muore" o "L'incanto delle macerie".

La scrittura è così morbosa, aggrovigliata, da ricadere e fondersi nella realtà come un macigno, pesante, forte.

Nella realtà della sua scrittura ci narra una seconda realtà, quella del mondo in cui viviamo, ma la narra come se la scrittura ed i suoi giochi fossero qualcosa, come un fatto che capita o un'azione che una qualsiasi persona svolge, come azioni semplici, dal bere il caffé ("il caffé si posa nelle anticamere dello stomaco"), alla realtà macabra della guerra intorno a noi ("Ne ho abbastanza della guerra. Ne ho abbastanza di svegliarmi con la paura di morire"), al decadere in macerie di storia e presente che il mondo dimostra d'essere. Il fondersi della realtà della scrittura ("nell'eleganza metrica delle nuvole" - "mi ammalo di poesia, un cancro linguistico") con la realtà tangibile del nostro mondo, esporta la sua scrittura su un nuovo piano, che va oltre quello del libro, rendendola carne, terra e, ancora, fango fra i denti. Ed è questo fondersi a renderla aggrovigliata, morbosa, forte e pesante come un macigno che nell'essere espressione degli stati di cose si fa mondo stesso ("Le nuvole recitano tempeste"), scuro, come scuro è l'inchiostro che lo demarca e descrive ("La poesia riappare come l'aurora, sottomessa alle forme che tessono la vita").

Francesco Aprile