Si è concluso da pochi giorni il Mediterraneo Foto Festival e mi porto dietro alcuni scatti che nell'atto del camminare mi seguono e rincorrono nei pensieri. Si è concluso da pochi giorni e non potevano non seguirmi la dimensione trasognata di uno scatto che è leggerezza e dolore, crudeltà e passione allo stesso tempo. Sono scatti di Danilo Calogiuri, del team Whiroo, che raccontano la dimensione urbana, quotidiana, di Istanbul. C'è un uomo. È solo, nella notte, e si accompagna alla sua ombra. C'è un uomo teso nel camminare, nella leggera naturalità di un passo e c'è sempre lo stesso uomo arroccato nel trascinarsi dietro il carico, un peso incommensurabile. È un po' come se si facesse carico, in uno scatto unico, della portata, totale, delle sofferenze della vita e le liberasse nel passo, nel movimento raffigurato, catturato, delle gambe che scivolano sull'asfalto, e lo liberano. Liberano tutto il peso ch'è dietro. È uno scatto piccolo, marginale, al lato dell'esposizione di Danilo Calogiuri, eppure, mentre guardo, è proprio quello scatto il leitmotiv di quelle foto. Perché è nel camminare di quell'uomo, nel transire, che si passa alla dimensione sovraffollata di altri scatti, altre dimensioni, di altre quotidianità che si perdono nel flusso continuato di volti e odori diversi; è come respirare l'aria Istanbul, ma allo stesso tempo c'è la dimensione urbana, il perdersi, lo straniamento che acceca. C'è un flusso ininterrotto di passanti che passano e non guardano, e non si guardano, non si ascoltano, e sembra di sentire noi il rumore sordo di tutto questo passare. Ci sono scatti che spezzano la dimensione foto-realistica che li caratterizza, e restituiscono l'immagine a quella necessità comunicativa che è un piano di intimità. Gli occhi di chi osserva e quelli di chi è osservato si incontrano e si guardano al di là dello scatto stesso. Negli scatti vive il contrasto in corso di una realtà urbana che perde intimità nel continuo flusso della molteplicità, e il ritrovarsi legati a momenti di quotidiana condensazione di passato, passione e armonia. C'è il lavorio dell'artigiano, c'è il suo costruire, creare, che quasi non subisce tutto il passare e il perdersi frenetico che del flusso è proprio. C'è lo sguardo di un bambino, o di un gatto fermato dall'immagine, o di chi si affaccia da un balcone in un'esplosione di gioia. C'è l'unità ritrovata nella sera che viene. C'è il pescare che accoglie, e in un momento di calma, attenzione, cuce trame e relazioni silenziose di genti che, una accanto all'altra, tessono incontri e racconti silenti nei respiri della vita.  Sono queste alcune delle dimensioni che ritrovo negli scatti di Danilo Calogiuri, un condensato capace di relazionare genti lontane e di ancorarle alla percezione quotidiana di chi, lontano da loro, vive momenti diversi nelle stesse giornate.
 
Francesco Aprile