Il parere di 10.000 uomini non ha alcun valore se nessuno di loro sa niente sull'argomento” (Marco Aurelio)

Eppure in Italia si pubblicano oltre 90 mila titoli all'anno, almeno con il giornale ci si incartava il pesce, dopo, adesso è buono per i vetri. O meglio lo sarebbe stato se ancora li si comprasse. Ma i libri, tanti libri, buoni a far proliferare lepisme saccharinae (sì, quegli sgradevoli insetti noti come pesciolini d'argento) se non spolveriamo a dovere le nostre étagère, come li utilizziamo? Lasciamo perdere la contrapposizione un po' manichea tra coloro che leggono e che non leggono. Non si è migliori se della prima categoria. Però si è meno soggetti all'empirismo. Aver letto tanto non ti rende un Solone. Di sicuro, se della seconda categoria, si è tagliati fuori da un (buon) argomento di conversazione, talvolta introdotto con qualche spocchia come chiave d'accesso nei dialoghi, e, se non si può dire la propria non avendo letto qualche tomo hai solo da tacere. Ma attenzione, ad essere escluso è pure chi legge se a prevalere in un improvvisato consesso sono quelli che non leggono e talvolta se ne vantano, o, addirittura, dicono: «il mio libro me lo sono scritto da me». Poi per pubblicarlo hanno dovuto accordarsi con l'editore di turno accollandosi un cospicuo numero di copie. Chiamiamola tiratura in proprio. Oppure si giustificano: «non ho tempo», al pari di quelli che non ne hanno neppure per un po' di salutare esercizio fisico. Bandire l'apparecchio televisivo dalla propria camera da letto è un modo per considerare il libro sul comodino. E se stanco, di quel libro avrai letto solo poche pagine, a fine mese, di sera in sera, lo avrai finito. E ne desidererai un altro. Non una certezza ma una auspicabile possibilità. La lettura non è attrattiva? Oppure si teme di acquistare qualcosa che dopo le prime pagine verrà lasciato ai pesciolini di cui sopra ingenerando sensi di colpa per non aver concluso. E se non avete terminato la colpa non è vostra ma dello scrittore, incapace di aver dato sapore al proprio scritto. Un libro non è un film, due ore circa ed è finito, bello o brutto che sia. Se poi ti sei visto il trailer almeno un'idea te la sei fatta, prima. Per i libri quest'aiutino non c'è. Le prefazioni: lusinghiere, compiaciute e ingannevoli sono sovente fuorvianti e non è raro sentirsi, in lettura, gabbati. Però possiamo attrezzarci, siti come IBS o Amazon Libri recano le recensioni spassionate dei lettori, andatevi a leggere quelle negative, poi qualcuna di quelle positive e poi, smaliziati come siete, fate la tara e decidete se procedere all'acquisto. Suggerisco poi, a fine lettura, di farla anche voi una recensione, vi servirà come esercizio di sintesi critica sicuramente giovevole. E avrete reso un servizio agli altri. Fatelo anche quando andate al ristorante. Fate appello a tutta la vostra onestà intellettuale e rispettate, comunque, il lavoro impiegato. Piccola digressione sulle recensioni quando redatte su Amazon Libri: per poterle fare ti chiedono un acquisto di almeno 50 euro in libri. L'esborso ti abilita a poter recensire. Trovo ingiusta questa politica da parte di Amazon Libri, mi auguro la riveda. Personalmente mi ci sono ritrovato perché tra un ordine e l'altro avevo superato il pretenzioso tetto. Senza saperlo né volerlo dacché mi ero ripromesso di non comprarne proprio di libri lì. Però ho dovuto cedere poiché alcuni titoli li trovavo soltanto in quella piattaforma. Dividiamo i libri in macrogeneri: saggi, narrativa e poesia. I primi vi saranno interessati per uno specifico tema, e quindi presuppongono estrema competenza dell'autore se no non valgono. Per la prosa, lì ci deve essere lo scrittore puro, quello in grado di catturare l'attenzione sin dalle prima pagine se no non vale. Per la poesia il discorso si fa difficile, proposizioni sincopate, esplosive, ricordiamo il naufragar m'è dolce in questo mare oppure lo spirto guerrier ch'entro mi rugge, rispettivamente da L'Infinito di Leopardi e dal sonetto Alla Sera di Foscolo. C'è una violenza cheta in questi versi. L'ossimoro ci sta tutto. Ad indicare l'irrequietezza umana, pur a fronte della propria soccombente condizione: ti vivo vita, sono costretto, ma non credere che non sappia il male che mi stai facendo. Assisto spesso a poeti dell'ultima ora che hanno l'ardire di presentare opuscoli infarciti di versi incapaci di suscitare il benché minimo sussulto, eppure li vedi, i vati, con fare ieratico, leggere con solennità inenarrabili ovvietà. E tu devi stare attento, perché loro hanno sofferto prima di prodursi in versicoli. Però in mezzo alla lota mi è successo di estrarre, recentemente, una pepita d'oro. La scrittura di chi non ha letto è come il bricolage, fa sorridere.