Venerdì 15 aprile 2011, alle 20.00, al Fondo Verri
Vito Antonio Conte e Mauro Marino
presentano (con l'autrice) “Viaggio in requiem” di Francesca Caminoli, Jaca Book 2010

In esposizione nella serata “Marina” matrice incisa di Silvana Russo


Per farvi “assaporare” il clima di Viaggio in requiem vi proponiamo quanto scrive Marisa Cecchetti su Stilos.
"Ho messo Bob Marley ad alto volume, ho aperto la porta, sono scesa e mi sono messa a ballare…Tu eri lì con me, mi ballavi a fianco… Mi sentivo bene, avevo appena ricevuto il più bel regalo di Natale". Quando si arriva all'ultima pagina del libro di Francesca Caminoli, "Viaggio in requiem" il pensiero si ferma. Non vengono parole. Ci vuole tempo e silenzio. Il viaggio verso la pace è stato quello del figlio, che si è tolto la vita a ventisei anni, nella sconvolgente e allucinata certezza di non poter fare nulla per cambiare le sorti di questa società malata, nella assoluta convinzione di poter essere di maggiore aiuto da una dimensione spirituale, in un aldilà da cui si possono aiutare i viventi. Male di vivere di cui la madre è stata testimone, parole del figlio che l'hanno lasciata sgomenta, nel dolore di sentir rifiutare la vita che gli ha dato, senza strumenti per contrastare e cancellare quella pena di esistere: "C'è solo una cosa peggiore della morte di un figlio. Che voglia morire" recita l'esergo. E si spegne anche una madre a poco a poco, se non può strappare quel grumo nero che offusca il pensiero: "Da dove venivano, Guido, il tuo insostenibile dolore, la tua insostenibile sofferenza? E non mi bastano le cose che mi dicevi, il tuo poterci fare del bene da un altro mondo, il tuo non volere stare più qui. Questo era il dopo, ma il prima, il prima da dove veniva? "
Il coraggio più grande è accettare quel gesto. Ed arrivare a leggerlo con occhi d'amore: "Grazie per essere caduto su un prato che ti ha accolto morbidamente e non ha fatto scempio del tuo corpo".
Mai una madre si può immaginare di avere tanta forza per sopravvivere.
"Viaggio in requiem" è anche il viaggio della madre verso la propria pace, un placarsi della tempesta interiore attraverso un percorso che va dalla Toscana alla Puglia, nel luogo stesso da dove lui si è gettato, ad un anno di distanza, nello stesso giorno, alla stessa ora, come al più grande appuntamento d'amore. Nel viaggio lei guarda ogni cosa con gli occhi di lui, immagina le sue emozioni, gli racconta le sue scoperte, segue le piste che sente tracciate dal figlio. Turista solitaria, attraversa paesini aggrappati all'Appennino, si perde per strade tortuose nei boschi, scavalca dirupi, plana nelle terre fertili di oliveti. Ma in effetti non è mai sola, perché lo sente dovunque, lo vede dappertutto, con quella vista del cuore, finissima in ogni madre che ha ricevuto questa amputazione di una parte di sé, anacronistica, perché mai madre dovrebbe vedere chiusi gli occhi di un figlio: "Nella discesa ho sentito un'aria leggera che mi spingeva scherzosa. Non c'era vento. Eri tu, vero? " Ed anche se fosse un'illusione sarebbe indispensabile per non morire. Il viaggio è un'occasione per esaminare le possibilità mancate, per immaginare come sarebbe stato se si fosse aperta una porta invece di un'altra, e per dare tregua alle domande che lacerano, alla ricerca di responsabilità personali: "Ho fatto quello che potevo e quello che sapevo anche per farti restare qui. Ma non è bastato…Sento il tuo perdono, e per questo, forse, comincio a perdonarmi, di quello che so e di quello che non so". Indispensabile, perché lui non scompaia, è continuare a farlo vivere e non solo nel ricordo che si porta dentro. La madre capisce che ora è diventato un imperativo categorico continuare con impegno il proprio cammino di vita, per vivere anche ciò che lui non ha vissuto, al posto di lui e insieme a lui: "Spesso dico sento e non so se è follia, ma ho la sensazione a volte di sentire come se fossi te". E per lui, per il suo incontro sul bastioni di Otranto dove gli porta un mazzo di girasoli, capisce che ha il dovere di essere bella. Un elemento non secondario, che tanto dice della dignità della persona.
"Viaggio in requiem" è un diario in cui la Caminoli si racconta con umiltà, con una autenticità che disorienta, che merita non solo attenzione letteraria ma un grande rispetto umano.

Francesca Caminoli è nata a Lecco nel 1948. Giornalista professionista, ha lavorato a Milano in quotidiani e periodici fino al 1982, poi si è trasferita a Lucca. Ha pubblicato "Il giorno di Bajram", Il Grandevetro/Jaca Book, 1999, e per la stessa casa editrice "La neve di Ahmed" (2003) ripubblicato da Paravia Bruno Mondatori nel 2006. Negli ultimi anni ha realizzato un giornale in Nicaragua con i ragazzi di strada del progetto Los Quinchos, con cui collabora. Con il ricavato della vendita delle incisioni del figlio, scomparso nel 2004, ha aperto una piccola scuola di pittura per i ragazzi del progetto.