Rock, punk, ska, musica d’autore, folk sono alcuni degli ingredienti della settima edizione di “Keep Cool. La musica del Sud est indipendente”, a cura di Coolclub con la direzione artistica di Cesare Liaci, che andrà in scena dal 27 marzo al 19 maggio tra le Officine Cantelmo di Lecce e l’Istanbul Cafè di Squinzano. Una ricetta che continua a conquistare i palati degli estimatori salentini e pugliesi alla ricerca di suoni e tendenze che appartengono alla contemporaneità di una musica che non risponde ai cliché ma si fa chiamare semplicemente rock. La rassegna è realizzata in collaborazione con la Cooperativa Lecce Città Universitaria, Officine della Musica, Saletta della Cultura Gregorio Vetrugno di Novoli e Puglia Sounds - il programma per il sostegno e lo sviluppo della produzione musicale della Regione Puglia.

Keep Cool (che in italiano significa Stai Calmo) è un invito a fermarsi a guardare le cose nascoste - quelle che da alcuni sono chiamate di nicchia - ma che rappresentano il folto substrato (inteso come essenza base) della cultura urbana. Sei appuntamenti per tentare, con una programmazione interessante ma non eclatante, di mettere al centro dell’attenzione suoni lontani dalle frequenze a cui questa terra è abituata.

Dopo il concerto di Erica Mou, sabato 9 aprile alle Officine Cantelmo di Lecce, in collaborazione con la rassegna Tele e Ragnatele, spazio ai Non voglio che Clara (ore 22.30 - ingresso 5 euro). Attiva dalla seconda metà degli anni novanta, la band ha esordito discograficamente nel 2004 con l’ep 'Hotel Tivoli', pubblicato da Aiuola Dischi. Hotel Tivoli è una riflessione sul mestiere di vivere, i sentimenti, le relazioni amorose in particolare. Due anni dopo il gruppo ritorna con un album omonimo che contiene una manciata di brani sulla miseria e lo squallore, sul disincanto e il non-amore. Il loro pop d'autore è ricco di atmosfere retrò, malinconiche, intimiste, fuori moda ma allo stesso tempo moderne. L'ultimo lavoro "Dei cani" è uscito nel 2010, un concept album, una storia d'amore che diventa ossessione, follia e tragedia.


"Il disco si basa su un corpus narrativo unico. Attraverso il racconto, frammentato e poi scomposto, di un delitto passionale ho cercato di mettere in relazione il protagonista con il pensiero comune, la moralità, la società che ci circonda e tutto il condizionamento che ne deriva", sottolinea il cantante Fabio De Min. "Majakovski ha fornito una sorta di giustificazione ad un’idea che avevo in merito ai temi del disco.  La figura del cane, oltre a riferirsi alla situazione di abbandono che si incontra ne  "L’estate",  rispecchia il senso di sottomissione e impotenza che si avverte spesso di fronte alla società degli uomini. Una  società che fa di ogni verità una menzogna e rende ogni valore un non-valore, per dirla alla Nietzsche. Con "Dei cani" abbiamo cercato di realizzare un disco più immediato ed essenziale negli arrangiamenti, anche in considerazione della sua esecuzione dal vivo. È un disco concepito e realizzato  in maniera diversa rispetto ai dischi precedenti ma pure frutto della stessa ricerca, che si sviluppa nella scelta di metodi compositivi differenti e che in passato ci aveva portato a prediligere orchestrazioni e arrangiamenti più articolati". Il cd accoglie numerosi ospiti. "Abbiamo chiesto a Giulio Favero di intervenire, ad una certa fase dei lavori. Considerando la stima che nutro verso il suo lavoro ero certo che avrei condiviso le sue scelte a livello di produzione, e così è stato. Giulio ha avuto il merito, fra gli altri, di aver saputo cogliere alcuni lati nascosti di Dei cani e di averli messi in luce meglio di quanto avrei potuto fare da solo.  Ogni collaborazione di questo disco ha comunque un significato umano e affettivo particolare,  perché in fondo si è trattato di affidare a qualcun altro la custodia di un pezzo di se stessi".