Cecilia Mangini presenta Prezzario della rinomata casa del piacere a cura di Stefano Donno e Anna Chiriatti (Kurumuny edizioni) presso il Convento degli Agostiniani a Melpignano (Lecce) il 21 gennaio alle ore 19.00.

Intervengono - Cecilia Mangini, documentarista; Antonio Errico, scrittore; Luigi Chiriatti, direttore editoriale.
Porterà i saluti dell'amministrazione comunale il sindaco di Melpignano, Ivan Stomeo.
A seguire, intervento musicale a cura di Almoraima.

Cecilia Mangini è stata la prima donna che, nell’Italia del dopoguerra, ha raccontato la nostra realtà con la cinepresa. E i suoi documentari, spesso realizzati insieme al compagno di una vita, Lino Del Fra, hanno conosciuto la censura, i premi internazionali ma, soprattutto, hanno scritto la storia di un genere. Ed è proprio a riconoscimento di questo impegno lungo una vita che, il 3 novembre 2009 a Firenze, è stata consegnata a Cecilia Mangini la medaglia del Presidente della Repubblica nell’ambito della cinquantesima edizione del Festival dei Popoli, la prima rassegna di cinema documentario italiano. E’ del 2010 ''Non c'era nessuna signora a quel tavolo'', un documentario sul cinema di Cecilia Mangini realizzato da Lorenzo Conte e Davide Barletti,  un pezzo di storia del nostro paese visto attraverso l'obiettivo di una delle protagoniste della stagione piu' ricca del cinema e della cultura italiana.
Ora Cecilia Mangini è nel Salento a Melpignano a presentare “Prezzario della rinomata casa del piacere” curato da Stefano Donno e Anna Chiriatti per le edizioni Kurumuny.

Il libro - Una galleria di foto che sembrano scatti di moderne versioni della meravigliosa e carnale Afrodite di Milo e che ritraggono donne di un'eleganza apollinea i cui corpi sono un sensuale trionfo della carne: belli, torniti, lisci, morbidi, niente a che vedere con le bellezze filiformi e patinate di tante riviste, di tanta televisione, che rispondono a un canone inautentico e triste, che sembra punitivo e quasi violento nei confronti del corpo di donna, quasi una negazione del femminile, del femminino nel senso più ancestrale. Non immagini stereotipate di una irraggiungibile e irreale perfezione omologante, che rende visi e corpi incapaci di trasmettere emozioni, ma ritratti di donne vere, reali, corporee, da toccare, consapevoli di diventare la resa carnale delle fantasie sessuali altrui, che offrono generosamente il loro corpo alla macchina fotografica che le ha immortalate nella loro misteriosa carnalità. Le foto, quasi un catalogo ideale della bellezza, che è imperfezione e perciò infinitamente più eccitante e crea vita, sono immagini di una femminilità dirompente, di una voluttà disarmante e allo stesso tempo hanno un non so che di tenerezza che le rende assolutamente reali e alla portata di tutti. E anche se chiaramente si possono intravedere già i prodromi del sistema ipermediatico e pervasivo della pubblicità odierna ad alta definizione, si può con una certa tranquillità affermare che fondamentalmente possiamo godere attraverso le pagine di questo libro di un pasto pantagruelico - confezionato a dovere - di pelle, sudore e desiderio che sazia in maniera inverosimile qualsivoglia appetito. In ogni pagina si parla di estratti di normalità; ovvero di porzioni plausibili di visioni appartenenti al gioco dell’Eros fatto di puro disordine e pura pulsione. La grazia di alcune inquadrature proposte in questa sede è la stessa, amara e forte, che scappa in ritratti nati per rivendicare il diritto alla dimensione intimistica. Ed è appunto su questo livello, in mezzo a questo terreno fremente che il libro si muove rivelando come alla fine è il percorso più intimo quello che riesce meglio a dimostrare le cose più belle, che riesce a portare alla luce della notte e al buio dell’illuminazione il fiato d’una parola dermicamente indispensabile al nostro essere.
E dal momento che il corpo è il segno più eloquente della nostra umana finitezza, sembra esserci in queste immagini un monito perché la bellezza come la vita è un’apparizione momentanea che bisogna saper afferrare, cogliere e godere.