
Per amore di una regione costretta a subire le insidie di un cancro sociale e come portavoce di quella parte sana del popolo calabrese, Gratteri e Nicaso operano contro le ingiustizie. I loro studi, le inchieste, le ricerche diventano poi storie da raccontare e condividere con tutti coloro che intendono seguire le orme di persone che sfidano l’illegalità mettendo a repentaglio la propria vita perché dall’aprile 1989 il magistrato Nicola Gratteri vive sotto scorta. Non per ultimo sono state scoperte delle cimici all’interno del suo studio. Nulla però sembra intimorire il procuratore che imperterrito continua a investigare con determinazione.
Come nei precedenti volumi, anche nell’ultimo testo gli autori affrontano tematiche molto interessanti. La questione legata ai rapporti tra Chiesa e mafia è ancora più scottante dato che per troppo tempo sono state omesse delle verità e oggi in un formidabile testo si ricostruisce l’intricato rapporto di potere, silenzi e assoluzioni. È l’Italia civile dei “don” che ascoltano, perdonano, difendono chi dovrebbe rimuginare sugli sbagli commessi dietro le sbarre di un carcere e non dietro le grate di un confessionale.
La storia ci insegna che la mafia è cresciuta all’interno di una società cristiana, principalmente nelle regioni meridionali dove la Chiesa ha avuto un ruolo più incisivo per i cittadini pertanto la sua posizione nei confronti del fenomeno mafioso non sempre si è contraddistinta per coerenza e fermezza. Oggi, a distanza di decenni, si osserva questo increscioso aspetto con perplessità ma anche con curiosità intellettuale. I boss hanno sempre dichiarato di essere ferventi religiosi, si appellano alla Madonna e ai santi per ottenerne l’intercessione, ricercano un parroco cui confessare anche durante la latitanza i peccati. Nei loro covi vengono rinvenute Bibbie, santini e Vangeli accanto ad armi e pizzini usati per gestire gli affari illeciti e nelle loro ville vengono fatte erigere cappelle private o fanno costruire nei condomini delle edicole votive che diventano poi depositi per grosse partite di stupefacenti.
Di straordinaria importanza furono le rivelazioni di un collaboratore di giustizia quando nel 1997 svelò gli interessi dei mafiosi circa i festeggiamenti dei santi protettori dei vari paesi e della loro bramosia di condurre il santo sulle spalle durante le processioni per sostare poi davanti alla casa del boss. Interessante inoltre è la storia connessa al santuario della Madonna di Polsi, in Calabria, dove nel 1903 avvenne la prima riunione mafiosa, si nascondevano gli ostaggi, si svolgevano i riti di affiliazione tra i vari adepti e fino a poco tempo fa si organizzavano summit.
Ad incuriosire però non è esclusivamente l’atteggiamento dei mafiosi che sviluppano un discutibile tipo di religiosità, a turbare è soprattutto il comportamento di alcuni sacerdoti tuttavia ci sono stati parroci che hanno cercato di stimolare la società civile ad intraprendere un percorso di cambiamento e di maggiore consapevolezza. Come dimenticare il sacrificio di don Peppe Diana, don Pino Puglisi e altri ancora purtroppo meno noti ma che con eguale impegno si sono opposti alla mafia. Esempio attuale di forza e coraggio è don Luigi Ciotti che con l’associazione Libera promuove quotidianamente principi di legalità inoltre recentemente il cardinale Crescenzio Sepe ha chiesto ai parroci di negare i funerali ai boss, di non consentire agli esponenti dei clan mafiosi di fare da padrini a battesimi e cresime, né essere testimoni ai matrimoni. E’ chiaro che non è così immediato riconoscere un criminale, per questo occorre che la Chiesa si confronti con le forze dell’ordine.
Ricordiamo inoltre il clamoroso anatema pronunciato il 9 maggio 1993 da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, in Sicilia, in seguito agli attentati ai giudici Falcone e Borsellino, quando pronunciò queste parole: “Convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di Dio!”. Sulle orme del pontefice polacco continua l’ammirevole impegno di Papa Francesco che solerte ammonisce coloro che credono di poter lavare i propri peccati facendosi benedire con “Acqua Santissima”.
di Paola Bisconti