Un cenotafio dedicato al poeta degli immortali Canti de l’autra vita. La Città di Cavallino omaggia Giuseppe De Dominicis, poeta vernacolare cui diede i natali l’11 settembre 1869, realizzando in suo onore un cenotafio, ovvero un monumento sepolcrale privo dei resti mortali, nella ricorrenza del 120° anniversario della morte. La cerimonia di inaugurazione si terrà giovedì 15 maggio alle ore 17.30 nella parte antica del cimitero comunale, dove il cenotafio è stato eretto, a pochi metri dalla tomba di un altro illustre cavallinese, il duca Sigismondo Castromediano, patriota, letterato e archeologo, del quale il De Dominicis fu grande amico. Ad aprire saranno i saluti del sindaco della Città di Cavallino Bruno Ciccarese Gorgoni, che illustrerà il progetto e l’opera. Seguirà la benedizione da parte del parroco di Cavallino Don Alberto Taurino. Quindi gli interventi di Ludovico Malorgio, presidente del Cenacolo «Amici G. De Dominicis» di Cavallino e di Franco Natale, artista e pronipote del Poeta. Declamazione di versi scelti a cura dell’artista Arnaldo Miccoli. Il monumento funebre è stato voluto in considerazione del fatto che di Giuseppe De Dominicis non esiste più una sepoltura. Al momento della sua scomparsa, infatti, il poeta venne inumato nelle tombe della Confraternita del Ss. Sacramento, di cui era confratello. Alla scadenza dei dieci anni però, i suoi resti furono esumati e collocati nell’ossario comune. Conosciuto con lo pseudonimo di Capitano Black, Giuseppe De Dominicis fu autore di poesie ancora oggi apprezzate per la vivacità vernacolare incentrata sui temi della vita quotidiana. Nell'opera Canti de l'autra vita (1900), presto divenuta molto popolare a Lecce e dintorni, espresse una satira pungente e semanticamente brillante impiegando quartine di ispirazione dantesca. Compose, tra l'altro, Martiri de Otràntu (1902), poema epico dedicato ai caduti della battaglia di Otranto del 1480 e poi ripreso, in chiave diversa, da Nicola De Donno, Maria Corti e Carmelo Bene. Tradusse anche poesie di autori stranieri del XIX secolo. Tra gli altri scritti in vernacolo sono da ricordare le pubblicazioni Scrasce e gesurmini (1892) e Spudhiculature (1903). Morì che non aveva ancora compiuto 36 anni.