Al castello Carlo V di Lecce, l'arte di Enzo Sozzo in mostra fino al 20 gennaio. Inaugurata domenica 14 dicembre alle 18, voluta da Valentina Anelli, nipote del grande pittore, e Carlo Sozzo, figlio dell'artista, curata dal professor Massimo Guastella col contributo di Maurizio Nocera. Realizzata col patrocinio di Regione Puglia, Provincia e Comune di Lecce.

A quindici anni dalla morte del grande pittore, il castello Carlo V ospiterà una mostra, dal nome "L'uomo, l'artista, il partigiano", in suo ricordo ed onore (orari 10-13 e 17-20).
La mostra, divisa in due sezioni, è composta da un'esposizione dei suoi quadri, suddivisi per decenni, ed una raccolta di documenti che attestano il suo impegno civile.

Enzo Sozzo prese le prime lezioni di disegno frequentando la scuola E. Maccagnani di Lecce.
Iniziò la carriera militare per poi passare, nel '43, tra le fila dei partigiani. La guerra, ha interrotto e cambiato le vite di molte persone, temporaneamente o per sempre. Fortuna vuole che Enzo Sozzo, finita la guerra, ritorni agli studi, riprendendo la sua formazione artistica presso l'Istituto d'Arte di Urbino.
La sua prima mostra risale al '61, a Lecce, alla quale ne seguirono molte altre, in Italia e all'estero, che lo portarono a diventare uno dei pittori più importanti in Italia e non solo.
Sozzo si fa "autore" del tempo passato. Nelle sue opere trasferisce tutta la vitalità dei colori della campagna, i colori del suo salento, per una pittura viva che si rifà, agli inizi della sua attività, al verismo di Palizzi e al cromatismo di Morelli.
Tema centrale diventa il barocco salentino, insieme alla sua terra. Riproduce il mare, le scene di vita che lo hanno accompagnato, le atmosfere che nella sua pittura diventano tangibili.
Fu pittore dell'immateriale, perché, Lui, oltre a riportare il materiale stato delle cose che sotto ai suoi occhi passavano quotidianamente, dalla natura all'arte della sua terra, riportava un certo stato "mentale" implicito alla sua terra, il Barocco; oltre che un movimento artistico, una condizione dell'essere. Le atmosfere sembrano, nei suoi quadri, quasi palpabili. La condizione dell'essere barocco e quindi salentino risiede nei suoi quadri come in un famoso scritto di Bodini, "Barocco del Sud":

"Una città è come una donna fra le braccia di secoli ognuno dei quali può modellarle a sua somiglianza l'anima e il volto. Lecce non ha conosciuto che un grande amore, la cui memoria è così gelosamente esclusiva da farla sembrare ancora oggi una città del Seicento...è una città vedova del suo tempo, e questo sentimento che la storia non vi riesca a procedere è lo stesso che suggerisce la pianura circostante, dove a volte si resta in ascolto aspettandosi di udire gli spari di antiche colubrine, per un attacco di pirati saraceni o di briganti. Nessun altro rumore potrebbe turbare il silenzio di questo spazio desolato che lascia da ogni parte l'orizzonte scoperto, sotto un cielo che è impassibile come un piatto di porcellana. Un cielo che schiaccia ogni cosa, e in cui un albero finisce col non essere più alto d'un filo d'erba...siamo nelle viscere del Seicento. Ma c'è di più: basta fermarcisi a vivere pochi giorni perché a poco a poco si faccia strada in noi un sospetto stranissimo, che essa non sia un luogo delle geografia ma una condizione dell'anima, a cui s'arrivi solo casualmente, scivolando per una botola ignorata della coscienza."[Vittorio Bodini, "Barocco del Sud", Besa Editrice].

Come dicevo in un articolo commemorativo, uscito per la morte di Pino Zimba - "La vita scorre in bilico fra le immagini di una modernità che prepotentemente cerca d'imporsi, ma stancamente si evolve e s'insinua fra le tradizioni, le contraddizioni, i flash che, a ondate irregolari di tempo, tornano dal passato, la multicultura di una terra che è allo stesso tempo una e tante terre" - allo stesso modo, così è per Bodini, così è per Sozzo: rappresenta ciò che lo circonda, il barocco, il mare, la campagna e tutto ciò che riesce a vedere nel paesaggio e nella cultura del salento, inserendo elementi del passato, un passato che non c'è più, ma, proprio perché il barocco è una condizione dell'anima, ritornano a imporsi nella modernità che ci circonda, finendo per non abbandonarci, restando come un'ombra, impalpabile, dietro di noi, che Sozzo trasforma in qualcosa di tangibile, materiale, guadagnandosi l'appellativo di "pittore delle carrozzelle".

Francesco Aprile