Il successo di un territorio? Lo si misura anche attraverso le peculiarità delle sue colture. È quello che succede nel Salento, dove un vitigno storico di grande successo lancia il territorio verso nuove sfide di mercato, facendo leva sul valore dei prodotti a marchio, dall'agricoltura biologica alle Denominazioni comunali, alle Specialità tradizionali garantite. Il progetto integrato di sviluppo che la Provincia di Lecce propone con il “parco del Negroamaro” include una serie d’attenzioni a qualunque tipo di settore produttivo dell’area del Nord Salento. Si parte dal presupposto che il Salento del Nord appare differente da altre aree della Grecìa salentina o del Salento del Sud e che ogni entità civica ricadente in tale territorio debba rappresentare con le sue specificità una robusta radice di crescita collettiva. Sarà compito dell’Ente Provinciale riportare all’unisono produttivo l’intera area descritta migliorandone ogni tipo di filiera, dall’agro-alimentare a quella turistica. Come in passato fu il tracciato detto “il limitone dei greci” che annunciava il segno d’arrivo in terra messapica per tanti popoli, così la fascia di superficie che comprende tale programmazione potrebbe identificare e realizzare una degna premessa ricettiva per chi giunge nel Salento. La visione di quest’interessante studio entra pienamente in quell’attività che la Provincia sta spiegando in materia di sviluppo locale. “Il parco del Negroamaro” può concretizzarsi se si pone su tali presupposti: identità, integrazione, innovazione, internalizzazione e qualità.
La ruralità di questi paesi, appare ancora oggi, marcatamente predisposta alla produzione vitivinicola, alla vera ospitalità, ai sentimenti popolari, ed è ormai risaputo in ogni località. Certamente, quel che occorre è una migliore attenzione pubblica alle diverse forme d’inquinamento presenti in questi tratti di meridione. Chi è che non vuole un modello naturale pulito e in perfetta armonia? Garantire, infatti, le singolarità dei piaceri rurali che appassionano il visitatore, e chi vi risiede, è anche un serio motivo di tutela della biodiversità, vale a dire quell’insieme delle molteplicità viventi che popolano e qualificano un territorio. Alcune varietà d’uva tipiche del Nord Salento, ad esempio, sono quasi scomparse in favore di produzioni intensive e poco attinenti alle nostre tradizioni.
In questo territorio sono presenti esemplari d’ulivi e querce ultrasecolari, spesso poco valorizzati, che sono dei veri e propri monumenti a ridosso di vie romane, muretti a secco, masserie e frantoi ipogei medievali. Dalle stesse contrade parte un’antica e riverente civiltà rurale che ha dignitosamente custodito questo patrimonio e che adesso merita di essere assolutamente riscoperta. Tale ricchezza si può ritrovare anche attraverso il riconoscimento STG (Specialità Tradizionale Garantita) concesso a quei prodotti agro-alimentari che sono ottenuti secondo un metodo di lavorazione tradizionale, al fine di tutelarne la singolarità d’ogni ricetta. Inoltre le Denominazioni Comunali (De.Co), già adottate in alcune regioni e che qualificano l’origine di qualunque produzione, possono essere delle proposte avvincenti per il “parco”. Trasmettere all’imprenditoria agricola o industriale una nuova forma di sviluppo eco-compatibile e attenta alle attuali esigenze dei consumatori, può non essere facile. Ad esempio, produrre con metodi da agricoltura biologica, senza veleni, come una volta, in favore della biodiversità, appare gravoso a causa dei costi produttivi più elevati rispetto ad altre regioni italiane e con una nicchia di mercato quasi inesistente. Agire con una reale pianificazione a difesa del territorio, attraverso ricerche e percorsi nella natura e nella storia d’ogni comunità coinvolta è ormai divenuto quasi un dovere. Con “Il Parco del Negroamaro” s’intende impostare, insomma, un progetto etico che organizzi un tessuto unico fra tradizione e modernità che parta da un’energia remota e popolare, affinché sia un valido riferimento per tutti i tipi d’impresa e per qualsiasi identità.
La ruralità di questi paesi, appare ancora oggi, marcatamente predisposta alla produzione vitivinicola, alla vera ospitalità, ai sentimenti popolari, ed è ormai risaputo in ogni località. Certamente, quel che occorre è una migliore attenzione pubblica alle diverse forme d’inquinamento presenti in questi tratti di meridione. Chi è che non vuole un modello naturale pulito e in perfetta armonia? Garantire, infatti, le singolarità dei piaceri rurali che appassionano il visitatore, e chi vi risiede, è anche un serio motivo di tutela della biodiversità, vale a dire quell’insieme delle molteplicità viventi che popolano e qualificano un territorio. Alcune varietà d’uva tipiche del Nord Salento, ad esempio, sono quasi scomparse in favore di produzioni intensive e poco attinenti alle nostre tradizioni.
In questo territorio sono presenti esemplari d’ulivi e querce ultrasecolari, spesso poco valorizzati, che sono dei veri e propri monumenti a ridosso di vie romane, muretti a secco, masserie e frantoi ipogei medievali. Dalle stesse contrade parte un’antica e riverente civiltà rurale che ha dignitosamente custodito questo patrimonio e che adesso merita di essere assolutamente riscoperta. Tale ricchezza si può ritrovare anche attraverso il riconoscimento STG (Specialità Tradizionale Garantita) concesso a quei prodotti agro-alimentari che sono ottenuti secondo un metodo di lavorazione tradizionale, al fine di tutelarne la singolarità d’ogni ricetta. Inoltre le Denominazioni Comunali (De.Co), già adottate in alcune regioni e che qualificano l’origine di qualunque produzione, possono essere delle proposte avvincenti per il “parco”. Trasmettere all’imprenditoria agricola o industriale una nuova forma di sviluppo eco-compatibile e attenta alle attuali esigenze dei consumatori, può non essere facile. Ad esempio, produrre con metodi da agricoltura biologica, senza veleni, come una volta, in favore della biodiversità, appare gravoso a causa dei costi produttivi più elevati rispetto ad altre regioni italiane e con una nicchia di mercato quasi inesistente. Agire con una reale pianificazione a difesa del territorio, attraverso ricerche e percorsi nella natura e nella storia d’ogni comunità coinvolta è ormai divenuto quasi un dovere. Con “Il Parco del Negroamaro” s’intende impostare, insomma, un progetto etico che organizzi un tessuto unico fra tradizione e modernità che parta da un’energia remota e popolare, affinché sia un valido riferimento per tutti i tipi d’impresa e per qualsiasi identità.
di Mimmo Ciccarese
Tecnico agricoltura ecologica