Lo spettro dell'usuale si fa metro e fonte dalla quale attingere, essenza e partenza di un discorso pittorico che amplifica il tutto secondo lo stile delle linee alla Botero, lungo i corpi gonfi, grondanti, ma è un superare, valicare i confini delle tenuità dei colori. Perché proprio i colori segnano il passo, perdono la loro tenuità ed assumono valori forti, contrastanti, essi stridono fra di loro, come la pittura di Ugo Tapparini sembra uno stridere dell'uomo nell'armonia della natura. Proprio questo binomio rende ancor più chiaro ciò che lo stesso Tapparini definisce "spettro dell'usuale". L'uomo che stride con la natura, ossia il mondo che l'uomo si è cucito attorno, la realtà, vanno a stridere con la natura nell'espressione stridula dei colori e nelle scene sarcastiche che il pittore racconta, quasi come fossero scene di una fiaba macabra. Ironia e sarcasmo, colori striduli e contorni, per andare oltre la lezione di Botero. Tapparini si immerge in un immaginario profondo, ma allo stesso tempo questo suo immaginario si fa realtà, che lui racconta, esprime attraverso linee che hanno la forza dell'immaginario per esprimere il mondo, se stesso, i disagi che ognuno si porta dentro e tutto torna attraverso le forme che si amplificano, si fanno metafora del disagio che sottopone l'uomo a goffaggine in determinate situazioni che ci vanno strette, dipinte con ironia e sarcasmo.

Ugo Tapparini, nato a Lecce da famiglia veronese, vive i suoi primi anni a stretto contatto con l'arte. La madre era, infatti, pittrice e scrittrice, lo zio poeta.
Nella sua carriera ha attraversato svariati percorsi artistici. Giornalista, disegnatore, scrittore, ha sempre trovato nella pittura il suo naturale rifugio, sfogo e, soprattutto, la sua grande passione. Molto apprezzato dalla stampa e dalla critica è presente, tra l'altro, in Bolaffi Arte 1973, 1975; Comanducci 1975; Arte Mondadori 2002-2003.

Francesco Aprile