Intervista al pittore Massimo Pasca, del 17-1-09.

"Massimo Pasca, salentino, ha studiato a Pisa, città dove vive e lavora. Dipinge dall'età di tre anni e dichiara di voler tornare ad avere sempre tre anni ogni volta che dipinge."

F.A. – Francesco Aprile
M.P. - Massimo Pasca

F.A. - In che modo ti ha influenzato Keith Haring?

M.P. - K. Haring mi ha certamente influenzato, ed il fatto che una delle
ultime opere monumentali del pittore americano sia stata fatta a Pisa nel 1989
è sicuramente molto importante nella mia crescita artistica.
Quando nel 1994 sono venuto a studiare a Pisa, una delle prime cose che mi hanno attratto è stato proprio "Tuttomondo". In un contesto, quello pisano, pieno di storia, soprattutto medievale,  la parete di Piazza S. Antonio spiccava e accendeva la fantasia di molti giovani come me.
Haring non è mai stato inquadrato nei Writers, volte semplicemente perché usava come mezzo espressivo il pennello e non lo spray, anche se la sua attitudine era quella di un pittore metropolitano, veloce, d'impatto e molto incisivo nel segno. Era un dj ed era spesso in contatto con la cultura hip hop, ed anche a Pisa durante l'esecuzione del lavoro, era accompagnato da musica rap e gente che ballava intorno a lui.
Oggi dopo aver attraversato almeno due "generi" pittorici cioè l'informale
ed il surreale, molti accostano il mio tratto a quello di Haring, ma la semplicità  di Haring non mi appartiene, il mio spirito è profondamente Barocco, fatto di linee fitte anche se ispirate al mondo del fumetto. Linee che probabilmente mi porto dietro dalle decorazioni delle chiese e dei palazzi dei centri storici salentini.
Per ora una cosa che mi piace sottolineare è che il murale di
"Tuttomondo" fu fatto grazie alla collaborazione del Caparol Center ditta
di vernici di Pisa che seppe all'epoca investire su colui che sarebbe diventato
uno dei pittori più quotati del nostro secolo.
Ecco, la stessa ditta a distanza di dieci anni ha sponsorizzato anche un mio lavoro di quaranta metri quadri nel centro di Pisa, un dinosauro in bianco e nero che sembra essere figlio di Tuttomondo.

F.A. - Pollock è presente fra le tue influenze?

M.P. - Come dicevo prima, ho, nel mio percorso artistico, attraversato una fase "informale" della mia pittura, e sicuramente guardato all'arte di J. Pollock. Quello che lega tutti i percorsi è un’azione catartica che si sprigiona nei miei lavori.

F.A. - Quali sono gli artisti e le esperienze che hanno segnato di più la tua arte?

M.P. - Sono cresciuto con i fumetti di Magnus, Andrea Pazienza, ma anche Topolino....così come guardando i muralisti messicani, l'arte maya, la pop art, il rinascimento italiano, ho studiato Bosch, Haring, Jacovitti...è difficile farti solo alcuni nomi....questi sono i primi che mi vengono in mente ma ci sono almeno altri dieci pittori a cui continuo ad ispirarmi. Ad ispirare non a copiare, quella fase è passata con l'adolescenza.

F.A. - La scelta di Pisa è casuale o ha il suo peso il rapporto Haring-Pisa?

M.P. – No, la scelta di Pisa con Haring non si lega per nulla, sono venuto a studiare Beni Culturali alla facoltà  di Lettere e Filosofia. Ho incontarto tante persone probabilmente anche l'anima di Haring che ancora vaga per questi vicoli. Mi piace pensarla così. Un'anima colorata che non usa più i colori perchè è colore essa stessa.

F.A. - Parla della tua arte.

M.P. - Sai, è difficile parlare della propria arte, so dirti che piace, che per alcuni è meravigliosa, per altri angosciante, per me è la cosa piu' naturale che corpo e mente possono fare insieme. Dell'arte apparentemente si vede il prodotto...ma
probabilmente chi osserva, osserva una serie di segni che hanno in sé una serie di esperienze emozionali che ci portano a soffermrci, ad interrogarci. Quando faccio le mie performance dal vivo la gente si affolla intorno ad osservare e sembra bloccata, (questo mi viene raccontato perché, io, attraverso uno stato di trance molto personale) è affascinata dalle mie linee, mi fa i complimenti, mi interroga con timore referenziale, mi scruta.
Io so solo che dipingo da quando avevo tre anni e mi piacerebbe avere sempre tre anni mentre dipingo. Come faccio ora.
Chi compra i miei quadri si porta a casa, attraverso me, qualcosa di sé che ha smarrito. Qualcosa che anche io consumo di quadro in quadro.