Si levano al cielo i battiti delle mani di migliaia di pizzicati, centomila, forse centoventi, non importa, a scandire il tempo ed il ritmo ripetitivo, quasi ipnotico, della musica. Si balla nelle ronde, si suonano i tamburelli, si suda, fino allo sfinimento. Si brucia così la notte più lunga, la notte più attesa dell'estate salentina, la notte assolata della Taranta. La nostra musica popolare, mediterranea, si fonde con un gioco d'alchimie con le sonorità arabo-orientali, il blues inglese, i ritmi africani, il reggae giamaicano, i tamburi del Sol Levante, dando vita ad una magica Notte. Per i più, indimenticabile. Caleidoscopio di musica, di razze, di culture, di vita. Nel prato antistante al concerto, c'è chi bivacca con tende, zaini, coperte, sedie, tavoli, chi riesce perfino a dormire in quella bolgia, in quel carnaio di sudore, ammaliato dalla Taranta. Scorrono fiumi di birra, piogge di vino, occhi spiritati, è anche questa la Notte della Taranta. Immaginiamo una festa antichissima, pagana, fatta di ritmi ancestrali che ricordano il cuore che pulsa nei corpi dei nostri antenati mentre ballano come forsennati nei  loro riti propiziatori intorno a dolmen o menhir, aspettando la luce del giorno. Subiamo anche noi l'intenso fascino di una Notte emozionante.  L'intera Notte è dedicata ad uno dei padri di questa serata, decano della pizzica, ad Uccio Aloisi, che ci ha lasciati di recente. Questa è la quattordicesima magica Notte della Taranta.                                                                                                     

                                                                                                           Stefano Bonatesta