Chi ha letto L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafon non troverà nulla di nuovo nel libro di Michele Stursi, Il mangialibri (Edizioni l’Osservatore Nohano). I riferimenti al capolavoro che ha consacrato nel mondo della narrativa lo scrittore spagnolo sono infatti evidenti: il cimitero dei libri dimenticati, il libraio che impone un vecchio libro al ragazzino, il richiamo alla frase «non sei tu a scegliere un libro ma il libro a scegliere te», la ricerca affannosa, stremante dell’autore del libro e il desiderio bramoso di scoprirne la storia. Tutte tracce, queste, che conducono alla positività con cui l’archetipo zafoniano ha colpito Stursi. E sono proprio esse che permettono all’autore di raccontare una terra, quella della piccola frazione di Noha, in un modo inconsueto e gradevole, camminando sul filo del mistero e della suspense, passando da una ricostruzione dei luoghi minuziosa. Una storia di credenze popolari quella narrata da Stursi, come le tante che da tempi immemorabili hanno accompagnato la vita dei paesini del Salento. Ma anche una storia più concreta fatta di partenze da una terra che non prometteva alcun futuro e di ritorni in patria dopo anni di assenza, per ritrovare gli stessi luoghi, la stessa vita, lo stesso immobilismo di sempre. È così che Pasquale, un critico letterario in pensione, torna al suo paese di origine dove incontra Eleonora, una pittrice di ulivi. Parte così il suo riscatto, parallelo a quello di un paese dove da secoli insiste una paura infondata, che getta le sue radici in un passato segnato dalla leggenda di una biblioteca nascosta nelle sale di un palazzo baronale, dal ritrovamento di vecchi libri in una chiesa sconsacrata e dal ricordo di una storia incompiuta, che da anni si trasmette come un monito per le nuove generazioni. Noha farà assaporare al protagonista il gusto di un amore mai conosciuto e gli farà vivere l’ebbrezza di una storia unica.

Giuseppe Pascali