Per la sua quarta pubblicazione, il giovane poeta galatonese Stefano Zuccalà, ha selezionato venti suoi brevi racconti nel romanzo “Il conto degli avanzi”. La scelta del titolo esprime, come un’istantanea fotografica, il senso del romanzo edito da Lupo. L’autore, infatti, ha deciso di parlare di verità scomode, quelle che fanno soffrire e che, ognuno di noi tende ad accontanare, scartare, allontanare dalla propria esistenza, ignari però che tutto ci si ribalterà, prima o poi, contro. La giovane età di Stefano non ha ostacolato un lavoro frutto di un’attenta analisi e di un’estrema consapevolezza dei dolori della vita senza tralasciare fessure di una forma di ottimismo che tende a prevalere nella forza di ogni personaggio. Nonostante la descrizione di storie che raccontano le caratteristiche della sofferenza di uomini e donne che hanno condotto un’esistenza al margine, alloggiati nella periferia della vita,  compare sempre nel libro una forza in grado di superare i propri limiti.
La solitudine è lo stato d’animo narrato fra le 194 pagine di un testo nel quale predominano descrizioni sincere e crude dei nostri giorni. Nonstante lo stile sia prosastico si intravede della poesia fra le righe, visione generata dal sentimento struggente che anima il lettore. Stefano Zuccalà è un autore che predilige, per la sua scrittura, forme espressive sintetiche, brucianti, incisive in grado di narrare del proprio mondo attraverso la genesi di nuovi attori. Crea storie al limite della follia come se i protagonisti fossero vittime di incontrollate inquietudini. Persino le nuove generazioni appaiono invecchiate nell’anima che vaga in grigie atmosfere soffocanti di fumo di sigarette e tra alcool che bruciano le ferite.
Nell’amara visione della vita, spiccano delle consolazioni melodiose. È citata, infatti, una musica che viaggia sulla stessa linea d’onda della scrittura di Stefano Zuccalà e si tratta di un  omaggio al cantautore Cesare Basile. Le  sue parole riportate nell’introduzione dicono: “Ma il dolore sopravvive ai libri, sopravvive ai racconti, alle parole, alle canzoni. Il dolore sopravvive anche al dolore stesso. E ritorna”.  “Il conto degli avanzi” sembra fare da pentagramma alle canzoni di Basile ritrovando le stesse emozioni che animano il cantautore e lo scrittore.
Barlumi di speranza si intravedono nella foschia del fumo ed è la voluntas intesa come virtù suprema dell’uomo in grado di ripartire sempre da ciò che rimane. Gli avanzi così si intendono come l’essenziale dell’esistenza nella quale occorre provare a seminare i residui per sperare nei frutti che germoglieranno nei giorni futuri.


di Paola Bisconti