Lecce Sbarocca è un libro unico e raro tanto quanto l’autore: Franco Ungaro. Il romanzo, seppur risulta classificato nella categoria Nuove Lune, per l’editore Besa, rimane un testo sui generis. La causa non è solo la molteplice varietà di stili narrativi che si diramano in proverbi, pagine di diario, testi di canzoni, citazioni teatrali, letterarie, dialettali, e altro ancora ma soprattutto è l’innovazione di un pensiero controcorrente. Si tratta di intendere la cultura come un efficace strumento di salvezza dal grigiore della vita, da un’esistenza flebile come una fiammella, ebbene Ungaro accende un fuoco con tale romanzo, è come se si fosse appropriato di un ideale così forte e intrinseco della sua personalità, tanto da metterlo in pratica in tutti gli anni di direzione dei Cantieri Teatrali Koreya. La nota attività leccese, affronta quotidianamente le chiusure culturali di una città amata fino all’esasperazione, sia dai turisti, spesso intrappolati nella cornice di un salento da cartolina, sia dagli abitanti stessi, troppo presi da una frenesia che li allontana dal cuore pulsante della propria città.
 Lecce ci parla dietro le facciate barocche e Franco Ungaro ha percepito le voci. Impiegando un efficace strumento, come la scrittura, svela l’anima nascosta della nostra terra. La recente pubblicazione sta già  riscuotendo notevole successo grazie anche al messaggio che si rivela fra le righe e che sprona il lettore, l’ascoltatore, il cittadino, a comprendere che “la cultura sia un bene comune indispensabile”. Per esprimere il nobilissimo concetto, lo scrittore si serve di Pier Paolo Pasolini e di Carmelo Bene che, come lui, avevano una forte tensione morale. Così citando i loro pensieri compone un libro ricco di argomenti, spaziando tra passato e presente, senza avere una condizione temporale, raccontando una storia senza tempo che descrive il senso dei nostri giorni. La fluidità del romanzo regala una sinuosa lettura, in grado di accostare le diversità tematiche con sublime maestria.

di Paola Bisconti