Un continuo tintinnio di gocce cade nell’acqua dalle stalattiti e dalle stalagmiti dei cunicoli oscuri e segnano lo scandire del tempo. Le grotte scavate nella roccia millenaria appartengono a quella schiera di tesori felicemente custoditi come patrimonio di assoluta importanza e si presentano intercalate da cavità più o meno profonde che caratterizzano entrambe le coste del Salento. Il sito archeologico di maggiore rilievo è quello di Roca dove sorge la celebre Grotta della Poesia scoperta nel 1983 e tutelata grazie anche alla scrittrice Maria Corti che prese dei provvedimenti riguardo la manutenzione del reperto di eccezionale importanza. Sono numerose poi le versioni che attribuiscono il nome alla grotta, alcuni affidano la funzione della grotta ad un luogo di venerazione verso una divinità indigena il cui nome Raotar Andirabas, un dio messapico che donava salvezza, compare riportato sulle pareti. Più celebre è la versione della leggenda che narra la storia di una  bellissima principessa che si recava a fare il bagno nelle acque della grotta e ispirava i poeti che la ammiravano estasiati.

Proseguendo il viaggio esploriamo un ulteriore tappa anch'essa legata al mito e sita nella baia di Porto Badisco, a pochi chilometri dopo Otranto, dove si trova la grotta neolitica chiamata inizialmente antro di Enea poi grotta dei cervi che fu scoperta nel 1970 da un gruppo speleologico di Maglie. Il complesso è incastonato nella roccia calcarea ed è inaccessibile al pubblico a causa delle delicate condizioni di umidità dove la temperatura di 18° permette la miracolosa conservazione degli affreschi risalenti a quattromila anni fa. Le immagini in ocra rossa rappresentano principalmente cervi ma anche uomini che tendono l'arco, donne, bambini e simboli magici come la spirale. La grotta in base alla sua struttura svela i modi di vivere dell’epoca: nella parte interiore, infatti, si svolgeva la vita familiare mentre un’altra zona era dedicata alle pratiche di culto inoltre i tre corridoi che ricongiungono gli ambienti appaiono ricchi di immagini rupestri, questo la rende unica in tutta Europa per il ciclo di tremila pittogrammi. È più lugubre e misterioso il terzo corridoio da dove si raggiunge la cosiddetta “stanza delle manine” così chiamata per le numerose impronte di mani di bambino, molto probabilmente segni di un rito di inizazione ritrovate simili anche in Patagonia, in Francia e nel Sahara. Più datata è la scoperta della Grotta Romanelli a Castro avvenuta nel 1905 grazie all'insegnante Paolo Emilio Stasi con l'aiuto del paleontologo Ettore Regalia, che notarono la cavità risalente al paleolitico lunga trentacinque metri e larga sedici. Da segnalare anche il lavoro di Ulderico Botti che già nel 1861 aveva annunciato il ritrovamento della grotta sita lungo la litoranea da Santa Cesarea a Castro.I reperti testimoniano le invenzioni compiute dall'uomo di Neandhertal tra cui dei raschiatoi e strumenti litico ossei così come delle pietre incise. La morfologia della grotta ha permesso una ricostruzione delle fasi climatiche, del passaggio del periodo di glaciazione a quello tropicale. I reperti tra cui anche il cranio di un uomo risalente a dodicimila anni fa sono custoditi presso il museo di Maglie.

Sulla stessa costa si affaccia un eccezionale esempio di biodiversità sotterranea presente nella Grotta della Zinzulusa così chiamata per i numerosi zinzuli ovvero le stalagmiti che in dialetto indicano i brandelli di stoffa lacerati. Nel 1871 Perotti scriveva Dormi nel tuo mistero o Zinzulusa, noi lo tentammo questo tuo mistero, con la religion di chi sospetta, ch'altra la realtà cominci il vero. I versi trasmettono la magia che la grotta riserva agli spettatori scoperta nel 1793 dal vescovo di Castro. Si sostiene che la cavità sia stata tempio di Minerva costruito da Idomeneo. La struttura, infatti, fa pensare ad un luogo di culto, è lunga centocinquanta metri e larga quindici ed è composta da tre parti: l'atrio con un fondale ricoperto di breccia, da qui si raggiunge il vestibolo denominato “cripta” da dove si può osservare un laghetto profondo sette metri la cui acqua limpidissima ed è chiamata “la Conca”. Prima di raggiungere il “Duomo”, luogo abitato dai pipistrelli, si percorre il “corridoio delle meraviglie” ricco di stalattiti e stalagmiti. La Cripta è la parte che precede il laghetto “Cocito”, scoperto nel 1996, e prevede un percorso di centodieci metri molto interessante perchè ricco di fauna acquatica. Il viaggio continua fino a raggiungere Leuca dove ritroviamo un numeroso complesso di caverne antelucane ovvero la Grotta Tre Porte, la Grotta dei Giganti o degli Elefanti, la Grotta del Diavolo. Nella Grotta dei Giganti sono stati ritrovati i resti di rinoceronte, di elefante e di cervo. La leggenda racconta che qui siano stati sepolti i cadaveri dei giganti uccisi da Ercole anche se le scoperte testimoniano che le ossa equivalgono a quelle di pachidermi. Sempre da Leuca, la Grotta del Presepe ci permette di voltare costa e di percorrere il tratto ionico. Ed è proprio da Punta Ristola che si prosegue fino alla Baia di Uluzzo dove ai margini del Parco di Portoselvaggio si aprono la Grotta del Cavallo e la Grotta di Uluzzo. Il termine uluzziano va a definire la prima cultura del paleolitico. Per completare il viaggio segnaliamo la Grotta delle Veneri sita a Parabita. Il ritrovamento è avvenuto nel 1965 ad opera di Giuseppe Piscopo che ha riportato alla luce le statuine in avorio e osso rappresentanti la dea madre generatrice delle meraviglie della vita.

di Paola Bisconti