Le pajare sono meno conosciute dei trulli ma hanno la stessa funzione e tecnica di edificazione che rispetta i canoni della bioedilizia perchè l'utilizzo di materiale naturale, come la pietra garantisce alla fine del ciclo vitale, il ritorno al sistema produttivo senza incidere sull’ambiente diventando un vero e proprio prodigio d’ingegneria. Le pietre incastrate si restringono sempre di più fino a chiudere il soffitto con una sola grande pietra, alcune risultano con una scala esterna realizzata con massi di dimensione maggiore rispetto agli altri che conduce al tetto composto a volte da terra battuta, detta bolo, utile per proteggere l'interno dalle infiltrazioni dell'acqua, inoltre sul soffitto si depositavano i prodotti da essiccare.
Le pajare sono il perfezionamento delle capanne usate per ripararsi dalla pioggia oppure erano usate come deposito per gli attrezzi da lavoro. Unico nel suo genere è lu pagghiarune, sito a Tuglie, di forma troncoconica, costituito da tre gradoni e possiede sulla parte superiore una colombaia. Simile per le grandi dimensioni è la pagghiara di Papa Fedele ubicata sulla strada di confine tra Patù e Castrignano del Capo che ha la caratteristica di essere a due  piani.
Con la stessa tecnica ad incastro sono stati realizzati dai paritari, i maestri costruttori, i  muretti a secco composti da due file parallele di pietre, e servivano principalmente come recinzione del proprio terreno.  Ai confini tra Galatone e Galatina vi è un grande muro a secco di età medioevale denominato “Paretone delle Zuse”, si tratta di una muraglia lunga 300 m e larga fino a 7 m di spessore che andava a costituire la vecchia strada che conduceva a Nardò. Caratteristici sono i muri alti detti “paralupi” creati come protezione dai branchi di lupi, all'epoca numerosi nei boschi salentini. Meno evidenti ma di certo molto utili anzi indispensabili sono le pozzelle ossia un trullo sommerso nel terreno. Queste erano impiegate come cisterne dove l'acqua veniva filtrata rendendola così potabile. Celebre è l'abitato di Apigliano, nei pressi di Martano, ricco di pozzelle e noti sono anche i pozzi di San Pantaleo a Martignano.
Dopo aver realizzato un riparo per gli uomini, una struttura di difesa, un metodo di conservazione scopriamo anche l’invenzione delle neviere, una sorta di frigoriferi ante litteram. Raramente accadeva che nevicasse, così quando succedeva il ghiaccio veniva conservato in un luogo fresco e asciutto ricoperto dalla paglia. Solitamente i posti sotterranei erano ideali per costituire le neviere definite testimonianza di archeologia industriale nel campo del freddo. Celebre è la tenuta Monte Neviera, splendida dimora dell'800, sita a Cellino San Marco nota non solo per aver ospitato il re Vittorio Emanuele III, ma anche e soprattutto per le grandi cantine usate come deposito per le scorte di neve, indispensabile per preparare gustose granite e usata anche per la cura delle infezioni intestinali frequenti soprattutto nei mesi caldi. Caratteristica è anche la neviera collocata nei pressi della masseria Corillo a Galatone scavata nel tufo.
Un’altra sorprendente invenzione dell’uomo che ha impiegato solo ed esclusivamente la pietra è la creazione di una mezzaluna denominata Tu’rat, che ha la funzione di condensare l’umidità atmosferica. A Felline, vicino ad Ugento, si trova l’orto dei Tu’rat, uno splendido esempio di conservazione di questo antichissimo reperto. Il progetto creato e curato da Mino Specolizzi intende generare spazi dove si supera il confine tra arte, ecologia, biodiversità e storia.
È sorprendente notare l'abilità dell'uomo che ha saputo realizzare ingegnosi mezzi di sostentamento rendendo meno arida una terra difficile da coltivare per arsura e siccità.

di Paola Bisconti