Cosa s’aspetta il visitatore quando giunge a varcare il cosidetto “paretone messapico”, ormai ipotetiche mura di una terra davvero speciale? Certamente accoglienza e tanta energia.
Il Salento è stato sempre così, una dimensione storica, ricca di leggende e di riti che si perde tra i suoi alberi d’ulivo. Già, alberi d’ulivo, secolari, patrimonio dell’umanità, cui si reclama il diritto di ammirarli, di difenderli, prima di qualsiasi sciagurata decisione, perché qui per ogni albero che cade non c’è una foresta che cresce.
L’ulivo è paterno e un salentino coglie bene le sue differenze, le sue tonalità; sono quelle sfumature che per intenderci, distinguono le varietà da un altra.
Il Salento è stato sempre così, una dimensione storica, ricca di leggende e di riti che si perde tra i suoi alberi d’ulivo. Già, alberi d’ulivo, secolari, patrimonio dell’umanità, cui si reclama il diritto di ammirarli, di difenderli, prima di qualsiasi sciagurata decisione, perché qui per ogni albero che cade non c’è una foresta che cresce.
L’ulivo è paterno e un salentino coglie bene le sue differenze, le sue tonalità; sono quelle sfumature che per intenderci, distinguono le varietà da un altra.
Nel Salento gli ulivi sembrano uguali, ma spesso hanno nomi e sinonimi che le identificano; ci si può spostare al paese accanto e la pianta ha il sapore greco, arabo o normanno.
Allora, basta chiedere e la civiltà rurale, ti risponde parlando della sua terra fino a riferirvi in un modo che si rimane affascinati, le storie più segrete su questo paesaggio; una volta ascoltate si riesce poi a distinguere un ulivo da un altro.
Il Sud per questo è magia, vogliamo ancora crederci, immergerci con rispetto, nella magnificenza di un uliveto secolare tra quelle sculture naturali magnifiche e fedeli al proprio habitat e alla propria origine. Il mediterraneo è anche qui con migliaia di ettari coltivati ad ulivo, con questa disposizione, in cui almeno il 30% sono secolari, ultramillenari sparsi reinnesti del popolo messapico o ordinati in fila come orde di cavalieri, sui cui tronchi si possono scorgere la saggezza dei loro volti. Nel Salento ci sono alberi monumentali che raggiungono anche i 15 metri d’altezza e circonferenze del tronco abbracciabili da dieci persone.
Le varietà autoctone messapiche sono due l’“Ogliarola” e “Cellina di Nardò“; si possono osservare accanto da vicino sullo stesso podere o volendo da una torre di avvistamento come panorama mozzafiato.
La Cellina di Nardò, rustica, resistente alle avversità parassitarie, produce olive piccole e numerose sul vigore dei suoi rami da cui si estrae un olio che direbbero i salentini è “maru” o ”pizzica alli cannaliri”(piccante). L’Ogliarola, invece, più gentile citata da grandi scrittori come Lucrezio e Catone manifesta la sua essenza proprio nella poesia del suo gusto dolce, fine molto morbido, con lieve sensazione di mandorla.
I Salentini hanno provato ad equilibrare aromi e sapori mescolando le due varietà anche sullo stesso terreno per esaltarne al meglio completezza ed tipicità del suo olio.
Tanta gente ancora raccoglie sotto la loro generosità i giorni che scandiscono la maturazione e la molitura delle olive. Oli eccellenti, valori nutrizionali e proprietà associate a quelle della cura del corpo; contengono acidi grassi monoinsaturi, tocoferoli, beta caroteni e centinaia di sostanze che aiutano a vivere meglio.
Quando l’olivo è sano il territorio è più felice, non ha necessità di difendere la sua produzione da avversità climatiche o invasioni di parassiti, protegge la sua natura, l’istinto di raccogliere e la ragione di ricavarne il miglior olio possibile.
Il visitatore, ritrova in Salento, affezione per il cibo naturale, quel filo d’olio che riassume col gusto l’emozione dell’assaggio e produce le vere sensazioni di un pasto caloroso per nutrirsi o un incantevole luogo su cui viaggiare.
di Mimmo Ciccarese
tecnico agroambientale