Domenica 26 Maggio 2013 si è svolta la 19° edizione della manifestazione “Cortili Aperti” siglata dall’ Associazioni Dimore Storiche Italiane in occasione della quale sono stati aperti al pubblico gli esclusivi cortili interni di splendidi palazzi storici privati nel cuore di Lecce ed alcune chiese.
Tutti i particolari, le informazioni e la mappa dell’evento, così come l’elenco dei cortili aperti è scaricabile dal sito del Comune di Lecce http://www.comune.lecce.it/news/2013/05/24/i-cortili-e-i-palazzi-privati-riabbracciano-leccesi-e-turisti
I palazzi che per l’occasione vengono aperti al pubblico presentano,  nelle proprie caratteristiche architettoniche, l’excursus storico della tipologia “palazzo” nel Salento a partire dal Cinquecento per poi finire con qualche esempio significativo di edificio signorile settecentesco.
Non a caso è bene dire che in generale fin dagli inizi del XV secolo, l’architettura sacra e quella civile avevano seguito differenti sviluppi, infatti mentre quella sacra era stata sviluppata fino a raggiungere la sua massima completezza, quella civile mancava di una forma canonica caratteristica.
Per Lecce il XV secolo è un momento di rilancio urbano che inizia subito dopo la fine della contea degli Enghien. Questo particolare momento storico avrebbe condotto le forze governative e le classi emergenti leccesi ad intervenire sull’immagine della modernità salentina, del nitore urbano e dello splendore delle fabbriche come segno delle capacità produttive dell’agricoltura e della cosmopolita ricchezza dei commerci.
Emerge così l’idea di un “giardino”diffuso nella periferia della città e quindi un’apertura non solo all’otium dei signori, ma anche alla ricreazione dei cittadini. L’umanista salentino Ferrari proprio negli orti-giardino pone una delle ragioni del primato di Lecce in quanto opera di civilizzazione della natura.
La presenza di aree a verde è quindi documentata sia per le aree extramoenia, sia per il tessuto urbano, nelle maglie dei palazzi della sfarzosa borghesia che già nel ‘500 ha il proprio giardino coltivato ad agrumi.
Il palazzo cinquecentesco leccese è una casa palazzata costituita da un pianterreno e dal piano nobile. Il prospetto è libero da paraste e manca della canonica sovrapposizione degli ordini architettonici, ma è segnato dal solo risalto delle finestre ed è, al più, caratterizzato dallo stemma di famiglia posto all’angolo dell’edificio o sulla sommità di una colonna o ancora sul portale di gusto catalano-durazzesco.
Nel complesso si tratta di una struttura sobria incoronata da logge ed archi a sesto ribassato o da ballatoi che definiscono i mignani e caratterizzata nel coronamento da piccoli modiglioni e da motivi archeggiati e merlati.
In genere vi sono solo due prospetti: l’uno principale che affaccia sugli spazi pubblici e l’altro nel giardino.
Al pianterreno è usualmente alloggiato il personale di servizio e sono collocati il pozzo, la cisterna, il forno, la cantina ed altre officine domestiche.
Il piano nobile segue la stessa distribuzione dei vani del piano terra questo a causa oltre che alla struttura portante, anche per la divisione orizzontale degli ambienti operata dalla realizzazione dei solai impostati su travature lignee e coperture a capriate, canne e tegole oppure di volte in tufo realizzate a spigoli a squadro dette alla leccese.
I vani si susseguono in maniera contigua a partire dall’ampia e semplice sala di rappresentanza con copertura a volta e muniti lateralmente di finestrini posti al di sopra delle porte detti farcune.
Alla fine del XVII secolo l’identità urbana leccese ci viene rappresentata ancora nel suo aspetto ridente, manifestazione non secondaria della prosperità delle famiglie patrizie ivi dimoranti, ma è un errore considerare Lecce in soli termini di esagerate amenità paesaggistiche: già l’Infantino annota l’esistenza di siti malsani localizzati ad un passo dalle mura urbane.
La difficoltà dello smaltimento delle acque piovane ed il conseguente arresto nei fossati perimetrali, provocano non pochi disagi alla popolazione ed infatti agli inizi del XVII secolo la città torna ad essere smattonata e paludosa dove all’interno della cerchia bastionata non mancano aree prive di edifici: “vacue”.
È della prima metà del ‘600 il più significativo intervento di lottizzazione civile in cui si inizia ad erigere case per il popolo, abitata dai poveri (gli “invisibili”) ed inizia ad emergere una Lecce diversa dall’oleografia ufficiale.
 
di Alessandra Paresce