Ci piace ricordare una delle varietà di uva da tavola più diffuse dopo la seconda guerra mondiale quando dalla ricca California, giungeva tra la viticoltura salentina un incrocio conosciuto come Cardinal.
Allora, già dalla prima decade di agosto, i cesti ricolmi di uva cardinal, meticolosamente nascosti sotto le grandi foglie di vite o sotto alcuni pochi fichi erano il frutto pregevole di quel terzo ceppo a destra del secondo filare di alberello che conoscevano solo in pochi.
Tra tutti i frutti dell’estate, il primo grappolo d’uva da tavola era quel più nobile che con cura si adagiava nella cassetta, senza rovinarlo, perché era un per il suo raccoglitore un probabile omaggio di “crianza” in segno di riverenza e di riguardo per il vicinato più caro.
L’uva cardinal è quella che dal momento della sua invaiatura di luglio, quando cioè l’acino inizia a virare verso il tono, appunto il violaceo, rappresenta un ottimo segnale dell’andamento del mese più importante per la maturazione.
È un’uva croccante, carnosa, intensa ad avvenuta maturazione; è stata un tempo anche adoperata come uva di vino, perché molto vigorosa, quando le sue dolcissime “racioppe”, racemi, non idonei per l’uso da tavola erano recuperati velocemente e trasformate.
Che cosa ha offerto l’economia agricola salentina tra gli anni sessanta e settanta? Lo possono spiegare benissimo solo i viticoltori dell’agro di Guagnano, area del nord Salento, espressione di un suolo in cui la fertilità del suo impasto era quella più adatto alle necessità dell’uva Cardinal.
Allora giù con gli allevamenti a tendone, tipici di questa varietà, che permetteva ai grappoli di distendersi quanto più possibile al sole di agosto e il suo miglioramento qualitativo era affidato alle attività divulgative dell’ispettorato agrario provinciale, con corsi ad hoc che miravano anche a diffondere e difendere la coltivazione dagli attacchi di agenti patogeni.
Almeno per trent’anni, la rivoluzione dell’uva cardinal ha caratterizzato la sua civiltà rurale, come non mai, tanto che ormai le tre ruote simbolo di questo felice sviluppo che aveva sostituito gli antichi traini, scorrazzavano per le vie di questi paesi per consegnare agli acquirenti il loro prezioso carico.
Oggi la coltura non è più richiesta come una volta; è stata soppiantata, da altre varietà più produttive, più comode per i nuovi mercati ed ha costretto moltissimi viticoltori a svellere i vecchi ceppi, in favore di scelte di mercato che hanno riconvertito questo settore con più moderne filosofie di coltivazione vietandone anche la vinificazione.
Nonostante ciò, è ancora possibile, se si transita dalle zone di Guagnano, rigustare qualche grappolo d’uva cardinal, scampolo di varietà da tavola, ormai caduta nei corridoi della memoria contadina e celebrata con una festosa sagra di fine agosto.
 
Mimmo Ciccarese