Del fico se ne parla nel libro della Genesi, nell’Odissea così come nell’Epopea di Gilgamesh. La letteratura egiziana poi è ricchissima di riferimenti a questo frutto ritenuto un dono degli dei, il fico infatti era il simbolo della rinascita. Molti sono gli elementi che richiamano questo aspetto legato alla fecondità: dalle forme delle foglie, ai rami nonchè al frutto stesso che nell’immaginario richiama gli apparati riproduttivi dell’essere umano. Nell’antichità si usava persino il legno dell’albero di fico per fabbricare i sarcofagi, come se questo materiale rappresentasse il grembo materno quindi avrebbe facilitato il passaggio dell’uomo nell’al di là.
Di questo e molto altro si legge nel volume “Fichi di Puglia. Storia, paesaggi, cucina, biodiversità e conservazione del fico in Puglia” edito dalla Cooperativa Ulisside, da tempo impegnata in vari progetti di sviluppo eco-sostenibile. Francesco Minonne, Paolo Belloni e Vincenzo De Leonardis sono gli autori del libro che nelle 160 pagine descrivono le caratteristiche della pianta del fico, frutto ampiamente diffuso nella nostra regione, che nel corso del tempo ha subito una serie di cambiamenti.
Un’enorme quantità di informazioni raccolte nell’arco di un decennio sono state riportate nei 10 capitoli che compongono il testo arricchito da bellissime immagini e ciascuna di esse riporta il fascino di un frutto antico dal sapore dimenticato. Raffiorano così i ricordi di coloro che per lenire i morsi della fame saziavano il loro appetito con il fico secco, saggiamente riposto nella tasca “te lu tamantile” della massaia o dei pantaloni “te lu tata” che distribuiva ai figli o ai nipoti li dolcetto tanto desiderato. In fatto di prelibatezza il fico è senza dubbio una leccornia squisita da poter accostare con una varietà di alimenti e poter cucinare in molteplici modi donando sempre ai vari piatti un tocco di bontà.    
Con il fico, appartenente a una specie erborea presente un po’ ovunque nel bacino del Mediterraneo, la Puglia è stata una delle regioni più interessate alla coltivazione del frutto. Negli anni ‘40 e ’50, infatti, si produceva circa 1 milione di quintali di fichi freschi, in seguito però il paesaggio agrario ha subito un cambiamento radicale relegando la pianta a un prodotto minore.
La peculiarità del libro sta nel fatto che gli scrittori mirano a dimostrare come un rilancio del fico sia possibile attraverso una cultura produttiva, gastronomica e ambientale in grado di favorire un’economia sostenibile. Affinchè ciò accada è indispensabile ripercorrere il ruolo che ha avuto il fico nella storia dell’uomo, ciò significa riappropriarsi di quella memoria che appartiene ad un popolo da sempre devoto alla propria terra. Una devozione che rischia di scomparire a causa di un progresso che tenta di distogliere l’uomo dalle vere gioie della vita.

di Paola Bisconti