Strana terra il Salento. Nonostante il suo gran potenziale turistico e culturale, scarseggiano  i circuiti di diffusione e condivisione del cinema di qualità. Per colmare questa lacuna, alcuni anni fa Nicola Neto e Ornella Striani hanno fondato il cineclub «Fiori di Fuoco», il cui nome è un omaggio al regista giapponese Takeshi Kitano  e al suo film  «Hana-bi». E come il cineasta asiatico, attraverso la rassegna Festival del Cinema Invisibile, ogni anno s’impegnano nella ricerca e valorizzazione di corti e lungometraggi capaci di coniugare poesia e potenza, visionarietà ed efficacia comunicativa. Neto e Striani, a margine della manifestazione da loro  organizzata, parlano della loro attività artistica.

Recentemente si è conclusa l'ultima edizione del Festival del Cinema Invisibile. Qual è il vostro bilancio e quali sono i nomi interessanti emersi nel corso della rassegna?
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onsiderati gli obiettivi di partenza, il bilancio non può che essere positivo. Innanzitutto, il Festival rappresenta a tutt’oggi l’unica occasione per il pubblico di Lecce per scoprire il cinema indipendente italiano. Ci fa piacere, inoltre, che molti autori raggiungano la nostra città da diverse zone d’Italia, purtroppo a loro spese, visto il nostro budget ridotto. La riuscita dell’iniziativa, poi, è testimoniata dall’apprezzamento esplicito che ci viene rivolto tanto dagli spettatori che dagli addetti ai lavori. Rimane qualche piccolo neo, come l’indifferenza delle Istituzioni locali rispetto ad una manifestazione che pure ha assunto ormai rilievo nazionale e che si è sempre segnalata per coerenza e qualità. Altro obiettivo ancora non raggiunto da parte nostra è il coinvolgimento delle fasce più giovani anche attraverso le Scuole e l’Università. Pecche che certamente cercheremo di colmare fin dal prossimo anno.
Quanto agli autori presenti nel Festival, si conferma il trend del documentario d’autore come genere più interessante del nostro cinema. Non a caso i vincitori dei premi principali sono documentaristi. Al contempo vengono alla luce ottime capacità di montaggio, interpretazione e direzione della fotografia, mentre un punto debole del nostro cinema continua ad essere la sceneggiatura.

Com'è nato il Festival del Cinema Invisibile? Da quanti anni è attiva la manifestazione? Come avete visto cambiare il pubblico della manifestazione nel corso degli anni?
Il Festival è nato nel 2006 ed ha quindi raggiunto nel 2013 l’ottavo anno di vita. Dopo aver fondato il Cineclub Fiori di Fuoco nel 2003, abbiamo attraversato l’Italia per partecipare a festival e rassegne. In quelle occasioni ci siamo resi conto dell’esistenza di diverse realtà locali interessanti che meritavano di essere portate alla luce. Nel 2006, di ritorno dalla Mostra del Cinema di Venezia, decidemmo che anche Lecce doveva avere un suo festival di ricerca e proponemmo l’iniziativa all’Unione Italiana Circoli del Cinema. Grazie al loro appoggio abbiamo ottenuto il patrocinio e il contributo del MIBAC.
Le prime sei edizioni si sono tenute durante il periodo estivo attirando molti turisti. La sfida degli ultimi due anni è stata quella di spostare l’iniziativa nel periodo invernale per coinvolgere più spettatori locali, altrimenti impegnati con le vacanze. L’iniziale diffidenza dei leccesi si è trasformata oggi in grande curiosità e attesa per le nuove proposte. Ci siamo resi conto, inoltre, che il pubblico che ci segue ha ormai un’alta capacità critica e questo ci responsabilizza molto nella fase di selezione, coscienti di non poter deludere le aspettative e di dover puntare sulla qualità. Non ci possiamo permettere, quindi, di proiettare brutti film o prodotti amatoriali. Una scelta che, ad esempio, ci porta ad escludere autori locali improvvisati che, tra parenti, amici e conoscenti sicuramente riempirebbero la sala, ma farebbero perdere credibilità all’intera iniziativa.

Quali sono, secondo voi, i cineasti emergenti da "tenere d'occhio" qui nel Salento?
Il Salento è da sempre fucina di proposte culturali interessanti. Tuttavia, al di là del talento personale di autori già apprezzati a livello nazionale come Carlo Michele Schirinzi, Francesco G. Raganato, Chiara Idrusa Scrimieri e Mirko Dilorenzo, notiamo che l’assenza di proposte cinematografiche, quali rassegne, retrospettive e cineforum e di scuole di cinema si fa sentire. In più di un’occasione, parlando con i giovani autori ci siamo resi conto della loro scarsa conoscenza della storia del cinema e di autori fondamentali per iniziare a fare film. Ciò, inevitabilmente, si riflette nelle loro produzioni, dove si scorgono ottime intenzioni, un buon uso della fotografia (la luce salentina è unica) ma il risultato complessivo finale non è spesso all’altezza delle aspettative. In tal senso è auspicabile che nascano nuove occasioni di promozione della cultura cinematografica attraverso azioni mirate da parte degli enti pubblici, quali ad esempio l’Apulia Film Commission, che coinvolgano realtà come il nostro Cineclub.

di Francesca Garrisi