Intervista alla pittrice Luisa Carlà

Una tendina azzurra, delle farfalle colorate, occhi dipinti che sbucano da ogni angolo. Questo è il piccolo mondo in cui ogni giorno vive Luisa Carlà, una pittrice salentina piena di talento, che riesce ad esprimersi solo grazie ai suoi pennelli, ai suoi colori, a quegli occhi già noti. È gelosa dei suoi ritratti, ma ha il coraggio di poterli lasciare andare per dare spazio a nuove impressioni, sempre segnate da vecchi ricordi, perché, si sa, la nostalgia fa parte della vita dell’uomo, ma soprattutto di Luisa.
 

Luisa, raccontaci del momento in cui hai capito che la pittura avrebbe fatto parte della tua vita.
«In realtà è una cosa che ha sempre fatto parte di me, anche nei periodi in cui non l’ho praticata. Più che altro ne ho sentito la mancanza quando non l’ho fatto, ma comunque è una costante. Ho sempre disegnato, mi sono avvicinata a questo mondo da bambina, passavo interi pomeriggi nello studio dell’artista Giuseppe Tornese, scultore e pittore che ho la fortuna di avere come vicino di casa. Amavo osservarlo all’opera e credo di averlo scoperto nel suo studio che sarebbe stata un’esperienza di cui non mi sarei mai stancata».

Ciò che maggiormente prediligi nella tua arte sono i volti di artisti nazionali ed internazionali. Da dove è nata questa tua ispirazione?
«Più che un’ispirazione io ritraggo gli artisti che in qualche modo seguo, che ascolto, che leggo.  È l'unico modo in cui riesco ad emularli. Dato che non potrò mai eguagliarli in talento e bellezza, li ritraggo, cercando di farli miei in questo modo».

I primi tempi, invece, dipingevi corpi di donne. Ma l’elemento che caratterizzava queste tele era una piccola farfalla colorata. Che significato aveva per te?
«Tutto quello che faccio è autobiografico, la pittura è un canto silenzioso con cui mi racconto e senz’altro in quel periodo non avevo le consapevolezze che ho adesso. Ero molto insicura e nella farfalla vedevo una sorta di via d’uscita, un obiettivo cui io aspiravo. Sembrava sempre mancasse qualcosa in quei quadri, sarà che era anche il periodo che mi faceva sentire molto chiusa, mi mancavano tante cose, avevo incertezze, buchi neri ed era come se volessi chiedere aiuto attraverso quello che dipingevo. Volevo esprimere qualcosa in più ma mi sentivo sempre un po’ prigioniera in quello che facevo. I primi non avevano la farfalla, raffiguravo donne senza volto. Poi è arrivata come unica nota di colore e ora non c’è più, l’ho lasciata volare, dando spazio ad altro».

Quella di dipingere è per te una passione. Hai presentato numerose mostre nel Salento, fino ad arrivare anche a Roma, con la mostra «Icons». Quindi, con il tempo, è diventata anche un mestiere?
«Si, però non ho iniziato a dipingere perché volevo che questo fosse il mio mestiere. Lo è diventato man mano che le persone si sono interessate a quello che faccio, soprattutto quando ho iniziato a dipingere ritratti. Ho iniziato a lavorare su commissione ed è una cosa che mi piace, ho la necessità di creare un’intesa con il “cliente”, un po’ come faccio quando mi appassiono alla vita delle icone che poi dipingo, creando l’intesa necessaria per ispirarmi e catturare elementi da trasformare in colore. Sono nate anche belle amicizie grazie a questi “scambi”. E’ stata importante per questo “passaggio” la mostra che ho fatto al «Caffe letterario» a Lecce nel 2011, la prima volta che ho presentato le icone tutte insieme. Era la prima volta che mi sentivo sicura, la prima volta che durante una mia mostra non avevo voglia di scappare via. Guardando i miei volti appesi sulle pareti, sentivo che tutto quello che avevo da dire lo stavo dicendo».

Hai una particolare adorazione verso il grande Franco Battiato. Perché?
«Perché mi ha accompagnato in tutti i periodi della mia vita. Soffro molto di nostalgia, sono molto legata ai ricordi, agli odori che non sento più, soffro per le cose che cambiano e Battiato abbraccia la mia idea secondo cui tutto quello che è stato non lo si perda. È una colonna sonora costante in tutto quello che faccio, c’è in tutti i miei stati d’animo, anche quelli negativi. Una sorta di luce nei momenti neri, come canta anche nella sua canzone «Oceano di silenzio». E’ stato una delle prime icone che ho ritratto proprio per questo motivo e tra le meglio riuscite. Non l’avrei mai venduto, doveva essere mio. Ma sono felice che ora sia di proprietà del maestro. L’ho conosciuto grazie ad una persona che ha collaborato al suo sito. Rimase colpito dal ritratto e mi disse che poteva far sapere al maestro di me, chiedendomi se volevo fargli avere delle foto. Io ho detto subito di si, gli ho dato due foto mentre lo ritraevo, una del quadro finito e una piccola lettera. Mi sono resa disponibile a spedirglielo se avesse risposto e mi sono tanto emozionata perché non credevo di avere riscontro da questa cosa. Il maestro, invece, tramite Privitera, il suo fidato collaboratore, mi ha invitata al backstage del concerto di Ostuni per dargli di persona la tela del suo ritratto. Ero li, al sole, con la tela accanto che aspettavo arrivasse e tremavo di paura, convinta di non riuscire ad incontrarlo, finchè non ho sentito un tizio della sicurezza che diceva ad alcuni fan che si avvicinavano all’ingresso cercando di entrare: “Sappiamo che Battiato deve incontrare una ragazza che deve dargli un quadro”. È stato un incontro timido. Per me Battiato è quasi un’entità, ti paralizza. Mi ha ringraziata tantissimo e io non sapevo nemmeno perché lo stesse facendo, ed è stato anche ironico perché io l’ho dipinto con una camicia rossa e lui quel giorno indossava una camicia rossa».

Dai tuoi quadri è nato un progetto: «Dream.Pressed». Di cosa si tratta e quando hai pensato di metterlo in atto?
«È un’idea a due teste. È nata grazie al mio migliore amico, Daniele, per caso, ad una mia mostra. Ha visto il ritratto di Iggy Pop e ha detto: «Che bello Luisa! Io lo indosserei». Mi ha proposto di realizzare delle magliette e abbiamo deciso di lanciare quest’idea, stampandone una cinquantina che abbiamo presentato alla mia successiva mostra per vedere il riscontro del pubblico. Ora è la terza stagione che le faccio e se dovessi continuare, ma lo sto già facendo, sarebbe la quarta. Ho stampato tantissime magliette, soltanto l’anno scorso ho fatto più di trecento stampe tra t-shirt e borse».
Iggy Pop, Audrey Hepburn, John Lennon, Lucio Battisti, Franco Battiato e molti altri. Ora, quali saranno i tuoi futuri dipinti?
«Ora sto lavorando ad un progetto che esula il ritratto. Lavoro su alcune prospettive dove farò un frullato con elementi legati al mio percorso degli ultimi due anni, facendo riferimento sempre a ricordi vissuti. A breve farò una mostra a Campi presso «G-lab». La mostra sarà a marzo, anche se ancora non ho chiare le date e dato che quando faccio una mostra voglio esporre sempre qualcosa di nuovo, sto lavorando ai «Beatles». Immagino una parete tutta per loro, voglio vederli in un grande quadrato, tutti insieme. Mentre le prospettive le inaugurerò al «Caffè Letterario» appena saranno ultimate».

di Eugenia Giannone