Le storie di mare, si sa, hanno sempre evocato nell’immaginario collettivo visioni e sensazioni fantastiche, richiamando alla mente paesaggi esotici, terra sconosciute e personaggi immaginari. Storie che, quasi per convenzione, vengono definite «salgariane». Ed è proprio da Emilio Salgari, suo primo autore letto da bambino, che Alessandro Romano trae spunto e ispirazione per il suo romanzo Tsunami lento (Edizioni Esperidi). Verso la fine della sua vita, Luigi Motta, famoso romanziere veneto della metà del 1900, confessa di aver sottratto alcune lettere, lasciate dal suo «Capitano» Emilio Salgari, la notte in cui questi si tolse la vita. L’autore, in una sorta di tributo letterario al suo eroe-romanziere, costruisce un’opera con lo scopo di «restituirgli» i tasselli di una vita che non ha avuto, attraverso l’alchimia della scrittura che diventa metafora di sogni e fallimenti, in un delicato gioco narrativo di scatole cinesi. Accompagneremo così Salgari, novello mozzo, su una splendida nave e vedremo il suo cuore ardere per una fanciulla conosciuta sul molo di Brindisi. Inizia da questa città, «porto sul mondo», l’avventuroso viaggio lungo la «Valigia delle Indie». Straordinario poi è il momento in cui, in un imprevedibile «cameo», il padre di Sandokan incontra Donato Zappo, l’uomo delle allucinazioni e narratore di una grande avventura rivissuta dopo millenni. Tratto caratteristico del volume è una corposa appendice di note e immagini che trasportano il lettore nel mondo parallelo del racconto. Le allucinazioni di Zoppo partono appena tocca un oggetto. È questo a fargli rivivere l’epoca in cui l’oggetto ha «vissuto», con tutte le storie che esso possa narrare. Una sorta di invito, da parte dell’autore, a far tornare a «parlare» tutto ciò che è stato il nostro passato, perché l’infido mare dell’oblio non lo sommerga definitivamente. Romano, in appendice al suo libro, aggiunge poi un gustoso particolare: traccia una piccola mappa di tutti i graffiti che raffigurano navi nel Salento, simbolo di quelle navigazioni che tanto fecero pensare e immaginare gli uomini del passato. Alessandro Romano (Lecce, 1975), regista e scrittore, opera dal 1997 presso l’emittente salentina Tele Rama, curando la ripresa, il montaggio, i testi e la regia di video documentari riguardanti il Salento, per programmi come Salento d’amare o Terre del Salento, per i quali, nel 2017, ottiene la Targa di merito del Premio Giornalistico «Antonio Maglio» per i servizi tesi alla promozione culturale del territorio, alla riscoperta della civiltà messapica e del patrimonio archeologico. Tra i suoi scritti L’Alba del Difensore degli uomini (Altro Mondo, 2016), finalista al Premio Letterario Nazionale «Un Fiorino» di Monterotondo, Lento all’ira (Esperidi, 2017), romanzo storico ed insieme immaginifico sulla Terra d’Otranto, a cui vengono riconosciute quattro Menzioni Speciali in tutta Italia: Premio «Nabokov» 2017, Premio Internazionale «Cumani Quasimodo» 2018, «Golden Books» 2018 e «Unica Milano» 2018. Romano ha firmato la regia del film documentario Messapia. Terra tra due mari, allegato all’omonimo libro di Lory Larva (Paolo Pagliaro editore, 2011).