Quelli che si aspettavano un comportamento arbitrale più attento se non clemente, a seguito del mancato signorile ricorso per errore tecnico contro la Lazio, cominceranno a chiedersi se n'è valsa veramente la pena. A giudicare dalla rabbia di Sticchi Damiani, esplosa a fine gara con frasi al vetriolo nei riguardi del direttore di gara, si direbbe che le perplessità su equo trattamento siano aumentate.
Gli episodi decisivi sfavorevoli si assommano in ogni partita smentendo la politica diplomatica verso una classe arbitrale incurante di gesti nutriti di fair play.
Il team giallorosso si ritrova a tribolare sull'espulsione di Lapadula per una spinta/testata incassata dal portiere Olsen con timido tentativo di reazione provocata.
Amen in merito al discusso arbitraggio del match anti Cagliari, cogliendo ancora dei segnali positivi nella rimonta di due gol, e percependo sensazioni di altri esiti che una disputa sofferta quanto meritata ha lasciato credere sino all'ultimo.
Il gol semiliberatorio di Calderoni, che ha bissato sul finire il penalty favorevole di Lapadula, se da una parte accontenta ed inorgoglisce, dall'altra lascia rinnovati spunti di rammarico.
Il Cagliari ha dimostrato solo a tratti estremi la bontà del suo impianto di gioco, guadagnandosi quasi per inerzia, suffragata da errori pacchiani dei leccesi, un duplice vantaggio iniziale firmato da Joao Pedro e Nainggolan.
Ha gestito male la grazia ricevuta incapace si controllare la veemente reazione giallorossa propiziata dall'uscita dell'anonimo Shakhov, il subentro di un redivivo Farias, il cambio tattico derivante dallo spostamento a sinistra di quest'ultimo  con rinuncia al fatidico trequartista.
Ovviamente il gioco collettivo e le energie profuse sotto la spinta di una tifoseria impagabile, hanno fatto il resto in amarcord per ciò che poteva essere ma ancora non è stato, nell'inseguimento di una vittoria casalinga che sta diventando ricercata come un'Araba Fenice.