«Mio padre a quarant’anni aveva capelli del tutto bianchi; mia madre e mia sorella avevano lunghi capelli lisci e chiari; io dalla sorte avevo avuto in dono una criniera riccioluta e folta di uno spudorato rosso vivo, tanto acceso e luminoso da parere innaturale, effetto ingigantito da ciglia e sopracciglia che avevo invece scure e nette». È tutto racchiuso in queste righe di incipit il carattere delle protagonista di «Malepilu», il romanzo breve di Annamaria Gustapane edito da Besa. Salento, primi anni Settanta. L’adolescente Malepilu ha avuto in dono dalla sorte una criniera riccioluta e d’un rosso vivo, che non passa certo inosservata: «Facevo chiasso pure stando zitta, ma ero bella e sapevo di esserlo», si racconta la protagonista. Attraverso la sua voce e il suo racconto in prima persona, emerge l'affresco di una società arroccata nell'arroganza di ritenersi la «razza padrona» e di avere il privilegio di poter oltrepassare impunemente qualsiasi limite. «Mi specchiavo di continuo ovunque capitasse, in casa e fuori per strada, nelle vetrine, nelle pozzanghere, negli occhi degli altri, degli uomini soprattutto. Non avevo ancora tredici anni». Partono da qui le vicende narrate, in un lembo di terra dove nulla sfugge agli occhi e in un'epoca dove essere «diversi» era una colpa. Annamaria Gustapane è nata a Lecce e vive a Otranto. Ha già pubblicato Cuntame nu cuntu (2012), Calamuri (2013), Come romanzo (2015), Il Principe di Sale (2018). Nel 2014, inoltre, ha scritto il testo teatrale Santa famiglia, famiglia santa, da cui è stato tratto l'omonimo corto presentato al Festival del cinema europeo da Aletheia Teatro.