Un gatto nero sonnecchia placido sotto l'albero di leccio, accoccolato sul marciapiede, incurante della vita che gli scorre intorno. Sonnecchia, dormicchia, pensa, immagina una bella gattina, chi lo sà. Sornione, ogni tanto arruffa il pelo, drizza le orecchie e si guarda intorno, con calma, come per dirsi che è tutto sotto controllo. Passa il tempo, poi si alza rapido, sgranchire le zampe fa bene, con passo lento e felpato si dirige sotto l'altro albero, a pochi metri, si accoccola di nuovo e procede così la sua intensa giornata. Ma, all'improvviso, disturbato da qualche scocciatore, fa un balzo, potente, felino, scala il muro, corre sul cornicione, salta sull'altro muretto, e su un altro ancora, lesto come un gatto, sveglio, rapido e attento. Sulla terrazza si blocca, si guarda intorno, nessuno alla vista, un falso allarme, neanche l’ombra di qualcuno che fa le corna, è stufo anche di questo, si lecca il pelo per la fatica intrapresa. Uno sbadiglio lo riporta al suo ritmo naturale, si stiracchia sulle scale, trova un altro posto comodo e ci si piazza come un gatto a "colonnetta". Miagola appena, tanto per darsi un tono, per far vedere che è presente, c'è, sta lì, nero come sempre. La sua vita, le sue giornate scorrono placide, in pochi metri, nel suo territorio. Qui ha fatto casa, ci sono tutte le comodità del mondo, anche il bidone dei rifiuti a portata di mano. Di topini neanche l’ombra, ma quando uno si avventura da queste parti, ebbene son fatti suoi, scappa il piccoletto, cor gatto nero nù sse scherza. “Son figlio di una gatta morta - ama raccontare -, non son gatto Silvestro, né Tom di Jerry né un Aristogatto, non mi chiamo Isidoro, Oscar o Romeo, non ho nomi illustri, ero uno dei 44 gatti in fila per sei col resto di due. Sostituito perché indisciplinato. Ahimè, ognuno ha i suoi difetti, i miei son belli, la mia micina ne va matta, che spasso, che coppia. Di notte, sotto le stelle, con la luna piena, una lisca di pesce, in giro con la mia gatta, alla luce fioca dei lampioni, che avventure, altri amici, bidoni e topi, cani senza padrone, zoccole non se ne vedono è un posto tranquillo, si gioca a carte, si grattano i muri e le porte. Tra pupe e bisbocce mi manca solo il mare, i suoi colori, il suo profumo, lo vidi una volta in gioventù e poi mai più, un bel sogno, un miraggio. Che vita gente, non per vantarmi ma sono un tipo magnetico, le gattine stravedono per me, quanti sospiri, quante fusa, mi lecco i baffi per la gioia, ma c’è chi ironicamente mi chiama Calimero, per via del colore nero. Un pulcino mi hanno detto, piccolo e nero, mi liscio i baffi, ci penso, ma non lo conobbi sto pulcino Calimero, se mi fosse capitato a tiro. Lasciamo perdere, vi risparmio il botto. Dirigo il traffico quando mi annoio, gli altri gatti passano tranquilli, e se ne capita uno sbruffoncello so io come sistemarlo. Ar gatto nero non si comanda. Per questo i cani randagi passano alla larga. La vita scorre piacevole e calma, si vive alla giornata. Qualche scatoletta la rimedio sempre, i vicini umani mi rispettano, si comportano bene con me, non sono razzisti, i gatti neri sono riveriti, l’importante è non passargli davanti, l’ho capito col tempo, ma ogni tanto per la fretta me lo scordo. In quel caso, lasciamo perdere, ognuno ha le sue fisime. Odo gli uccelli far festa, ogni tanto amo poetare, è un diletto per coltivare l’intelletto, con loro vado d’accordo, se la fame è sotto controllo. Accidenti, m’è calato il sonno, vi lascio per ora, ognuno ha le sue cose, pure io, se permettete. Vi saluto e vi abbraccio con un simpatico miao!”. Di gatti sul tetto ce ne sono pochi, meglio la strada, i ruderi o la campagna, ma il gatto nero non si lagna, vive e lascia vivere… Basta che c’è la salute e se magna.                   (breve racconto di S.B.)