2020 Odissea sulla Terra, Covid -19 flagello planetario, incubo invisibile. Dal distretto cinese di Wuhan si è diffuso in tutto il mondo. Per l'OMS è pandemia. Un termine che evoca scenari apocalittici. Il contagio si diffonde rapidamente, il virus coronato tiene in ostaggio l'intero pianeta, siamo alle soglie di una catastrofe, la specie umana rischia l'estinzione. Inquinamento, cambiamenti climatici, riscaldamento globale, terremoti, siccità, deforestazione indiscriminata, incendi di vaste proporzioni, inondazioni, erosione, desertificazione, estinzioni di animali, biodiversità in pericolo, uragani, piogge torrenziali non hanno fermato l'attività umana, ora un virus influenzale sconosciuto terrorizza l'umanità. In isolamento le grandi metropoli del mondo, strade deserte, asiatiche, europee, americane, tutto è fermo, in uno scenario suggestivo ed irreale il bollettino di guerra si aggiorna di ora in ora, il nemico invisibile è aggressivo e mortale. Laboratori clinici di tutto il mondo studiano possibili farmaci antivirali, biologi e medici lavorano giorno e notte per trovare un rimedio, per dare una speranza alla vita umana. Siamo ad una svolta epocale, tutto non sarà più come prima, i potenti della Terra come nei peggiori film di fantascienza collaborano tra loro, il futuro è “distopico”. Eppure la Primavera è tornata, i campi sono verdi, i prati sono in fiore, la fragranza dei profumi rende l'aria piacevole, la bellezza sta esplodendo come ogni anno da millenni. Ma la malattia sta divorando il pianeta, gli anziani, saggi e punti di riferimento per le nuove generazioni, sono massacrati dal virus che si accanisce sulle persone più deboli. Gli ospedali sono al collasso, non si possono garantire terapie certe e veloci per tutti, si sacrificano vite umane, qualcosa di così impensabile fino a poche settimane fa. Le più importanti agenzie di stampa planetarie diffondono dati inquietanti, un conflitto per la sopravvivenza potrebbe essere alle porte. Non c'è la piena solidarietà tra le Nazioni, i mercati dirottano interessi finanziari in luoghi inaccessibili, i multimiliardari della Terra allestiscono velocemente bunker sotterranei per rinchiudersi dentro per il tempo necessario alla sopravvivenza, mercenari prezzolati sono pronti a difenderli fino al martirio, potenti Capi di Stato sono costretti a dimettersi, la Corona Inglese è allo sbando, si sfiorano guerre civili ovunque. Il Santo Padre, Papa Francesco, prega per l’umanità, esorta le Nazioni alla solidarietà tra i popoli per superare l’immane tragedia mondiale. In un Istituto di Ricerca torinese di biologia molecolare si lavora h24 per sperimentare, studiare il virus, si ricorre anche alla letteratura medica antica. Su alcuni manoscritti medievali si racconta di alcuni metodi che si perdono indietro nel tempo contro pericolose febbri contagiose ed emorragiche. Sapienti Monaci hanno riportato racconti orali di sciamani preistorici e di misture miracolose che consentirono ad intere popolazioni di sopravvivere in tempi di pestilenza. Corsi e ricorsi storici, altri virus virulenti, abbiamo conoscenza della peste nel ‘300 e nel '600, ovvero la peste nera e quella descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi, della peste bubbonica, del colera, della Spagnola nel 1918-19, lo storico Tucidide scrive della peste di Atene in Grecia nel 430-429 a.C., altri documenti storici parlano della peste di Giustiniano nel 541-542 d.C., in mitologia della pestilenza narrata nell’Iliade di Omero e di quella descritta nell’Edipo Re di Sofocle a Tebe. Chi l’avrebbe mai detto che il corso della storia avrebbe incontrato una nuova pestilenza, una pandemia dalle proporzioni bibliche. Un biologo talentuoso è convinto di essere vicino ad una soluzione sorprendente, si fa guidare dal suo istinto, ma la scienza non ammette formule magiche e pozioni miracolose o portentose. Di ciarlatani che vogliono salvare il mondo ce ne sono già tanti. Eppure un potente antivirale, secondo le antiche carte, era in uso nell'antichità. Addirittura nella Grotta dei Cervi sono riportante delle pitture rupestri che documenterebbero visivamente tale scoperta. Non bisogna perdersi d'animo in questi momenti cruciali, il virus non ammette crisi, non perdona nessuno. Per il biologo è il momento di agire, di seguire una pista, anche se non comprovata dalla scienza. Dopo aver comunicato ai suoi dirigenti di dover condurre delle ricerche al di fuori dell'Istituto, si mette in moto prendendo il primo aereo per Brindisi. Da qui raggiungere Porto Badisco: la meta è la Grotta dei Cervi. 

Con un taxi il biologo si reca ad Otranto, qui, nel Castello Aragonese, l’incontro fissato con un’archeologa ed uno speleologo, dopo aver contattato la soprintendenza ai Beni Culturali. Di corsa alla Grotta, il tempo è tiranno, il feroce virus si propaga ad una velocità spaventosa, misure di contenimento sono state prese ovunque. L’emergenza è globale, senza precedenti. Da una litoranea mozzafiato si giunge presto al sito preistorico, scoperto per caso da un gruppo di speleologi 50 anni fà, il primo febbraio del 1970. La discesa nella Grotta naturale costiera non è agevole, cunicoli stretti e scarsamente illuminati conducono a lunghi corridoi con delle sale più grandi, nella seconda stalattiti e stalagmiti fanno da cornice a qualcosa di straordinario. L’affascinante archeologa fa da guida al ricercatore, mentre l’esperto speleologo li conduce attraverso le rocce carsiche, il fango, l’acqua. Pittogrammi in guano di pipistrello e ocra rossa risalenti al neolitico tra il 4000-3000 a.C. decorano le sale, lo spettacolo è meraviglioso anche di questi tempi, la Grotta chiusa al pubblico per motivi di tutela è considerata la Cappella Sistina della preistoria, una sorta di enciclopedia del passato. Le mani dei bambini impresse nella pietra sono testimonianze preistoriche magnifiche. La ragazza con sicurezza lo porta a destinazione. Eccolo lo stregone, un Dio che balla, le scritture non erano false, sembra danzare vicino ad un omino piegato che ha una ciotola, più in lontananza una catasta brucia. Come interpretare questi incredibili disegni, appare chiaro che un morbo pestilenziale ha causato molte vittime che probabilmente vengono bruciate, lo sciamano ha delle conoscenze misteriose, frutto dell’esperienza e della tradizione orale, cosa contiene la ciotola che dona vigore all’omino. Non c’è tempo da perdere, bisogna uscire a malincuore da questo luogo stupefacente, conosciuto in passato come “Antro di Enea” per via della leggenda del guerriero, Enea, Principe dei Dardani che sbarcò qui a Porto Badisco, ma recenti scoperte ne collocano l’approdo a Castro. L’esperto speleologo li riconduce in superficie da una profondità di ventisei metri e dopo averlo congedato si torna al Castello di Otranto con il piccolo suv dell’archeologa, bisogna ragionare in fretta, il tempo stringe, la pandemia avanza inesorabile. L’istinto febbrile guida il ricercatore, lucido, ma i dubbi sono tanti e se fosse solo uno stupido visionario. No, nei testi antichi è riportata una sapienza che è andata perduta. Di antiche civiltà e forse anche di altre razze umane estinte da millenni. La ciotola potrebbe contenere qualcosa di miracoloso per i nostri tempi.

Nel Castello c’è un museo dedicato alla Grotta dei Cervi, esaminare i reperti ritrovati nella grotta è facile, non ci sono indicazioni da cui ripartire, bisogna fare il punto della situazione, rapidamente, l’implacabile bastardo non risparmia nessuno, il contagio è aggressivo, il mondo intero è in pericolo, è in gioco la sopravvivenza umana. L’archeologa segnala alcune biblioteche dove sono custoditi dei testi antichi, trattati di medicina. Un tempo l’abbazia di Casole, fulcro della cultura antica, aveva una biblioteca straordinaria, ma fu distrutta dai turchi, durante l’assedio di Otranto nel 1480. A Fulgenzio, a Lecce, c’è una biblioteca interessante, con tanti volumi antichi da consultare. Bisogna ripartire da lì, sperando che la fortuna ci assista. Dopo un minuto di raccoglimento nella Cattedrale, al cospetto dell’Albero della Vita, il celebre mosaico otrantino nella Chiesa dei Santi Martiri, realizzato dal monaco Pantaleone tra 1163 e il 1165, si corre a Lecce, nella biblioteca Roberto Caracciolo dei frati Minori del convento francescano dedicato a S. Antonio di Padova. Qui un mite frate, gentile, senza fare domande accoglie l’insolita richiesta dei due studiosi di consultare testi antichi che parlano della Terra d’Otranto, così li conduce ad alcuni scaffali di legno, dove preziosi volumi sono custoditi gelosamente. Anche il tempo è prezioso, il contagio si diffonde velocemente, le ultime notizie del radiogiornale non erano buone. Tra i vecchi libri, sapientemente copiati da mani esperte in tempi remoti, quasi tutti in latino, si legge di conoscenze e sapienza tramandate dal tempo, i testi che trattano di medicina antica sono pochi, si legge di malanni e di rimedi naturali non supportati dalla scienza moderna, ma indubbiamente interessanti, in molti casi assecondati da rituali magici, superstizioni, credenze popolari. Scorrendo le pagine ingiallite i due ricercatori si imbattono in misture prodigiose e infusi caldi che guariscono da febbri malariche violente. Purtroppo non si leggono gli ingredienti di questi antichi farmaci, soprattutto è una tisana di erbe a catturare l’attenzione dei due. E da qui, da questa traccia, che la ricerca deve proseguire, ampliando lo sguardo altrove. Secondo il l’umile francescano altri volumi simili si possono consultare nella biblioteca di Gallipoli. Si riparte, a caccia di streghe e stregoni, di conoscenze perdute, di pie illusioni o di farmaci non classificati dalla medicina moderna. Si vola a Gallipoli, nel suv malandato dell’archeologa, le parole sono poche, i pensieri sono tanti, scorrono veloci nella mente di entrambi; lei, però, è bellissima, il biologo non lo aveva ancora notato. Con i bar chiusi per le misure di contenimento ci si deve accontentare di un caffè al distributore automatico della Biblioteca comunale e Archivio storico di Gallipoli. Un vecchio luogo di cultura silenzioso ed austero, una delle più antiche biblioteche della provincia, aperta già nell’Ottocento. Dopo il ristoro, con la bevanda più comune nel nostro Paese, i due studiosi si mettono subito a consultare fonti utili allo scopo, sotto lo sguardo attento di un bibliotecario pacato, tra testi antichi, incunaboli, manoscritti rari e preziosi, la ricerca è febbrile. I due sono preda di forti emozioni contrastanti, il biologo suda freddo, lei rimane apparentemente più impassibile, si passa dallo sconforto più nero all’eccitazione euforica quando si scova una traccia importante, anche se labile. Ecco, c’è scritto di una bevanda antica dalle proprietà curative, non ci sono gli ingredienti, si rimanda ad altri testi antichi, ma dove trovarli, si parla di chiese, di altri luoghi dove si custodisce l’antico sapere. Via, si riparte, il mare di Gallipoli, per un lungo istante si volge lo sguardo verso il mirabile tramonto, oltre il faro sull’isola di Sant’Andrea. La vista raggiunge l’orizzonte, si perde nel vuoto, lei ridesta l’attenzione del biologo con una pacca leggera sulla spalla . Non c’è il tempo di contemplare lo spettacolare rosso di sera. La speranza, ridotta ad un lumicino, va alimentata. Prossima meta Galatina, la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Di corsa, in quel luogo sacro, straordinario, tutto affrescato, paragonabile alla Basilica di Assisi con i capolavori di Giotto sulla storia di San Francesco. Cinque navate, l’intera storia della Bibbia campeggia sulle pareti della Chiesa del XIV secolo. Un anziano frate va incontro ai due sconosciuti, trafelati, pallidi e stanchi, quasi sconvolti, e con fare mite chiede se può essere utile.

Qui non si custodiscono più libri antichi da tempo, dice, alcuni anni fà sono stati tutti trasferiti nella biblioteca comunale Pietro Siciliani di Galatina, una delle più antiche della provincia, quel che cercate è lì, qui rimane solo qualche vecchio testo sacro. Bene, i due ricercatori ringraziano il frate e si precipitano nella biblioteca. L’archeologa è una brava guida, ma a quest’ora di sera il luogo è già chiuso. Un giro di telefonate ed il Sindaco in persona viene ad aprire il portone della biblioteca con un vigile urbano, un tempio del sapere con un patrimonio librario di pregio e raro, istituita nel 1890 nel Palazzo della Cultura nell’ex convento dei Domenicani, con annesso il Museo Civico Pietro Cavoti. Comincia subito la ricerca, a tratti spasmodica, i testi da consultare sono tanti, alcuni manoscritti provengono dall’antica abbazia di Cerrate, altro inestimabile luogo di sapere e culto. Con loro si trattiene il vigile, assonnato con il passare delle ore. Trascorre gran parte della notte, tra ansia e trepidazione, finchè non appare alla vista del biologo una pagina attesa. Si parla di erbe medicinali del passato, di infusi antichissimi, di rimedi naturali a febbri malariche e pestilenziali, una ricetta ne descrive gli ingredienti, tutto ciò è straordinario, non era un’illusione. Tra i due la gioia è incontenibile, come se avessero fatto una scoperta da premio Nobel, ma tradurre il testo non è facile, dove sono riportati i nomi di erbe e frutti in latino e volgare antico. Chi potrebbe tradurre tutto ciò. L’archeologa ha un’altra intuizione, i monaci Cistercensi di Martano, che ancora oggi producono amari e tisane con le erbe. La pandemia si diffonde sul pianeta, i morti sono già tanti, troppi, non c’è tempo da perdere, bisogna fare presto. Un altro caffè dalla macchinetta e si parte, senza sosta, senza riposo, senza tirare il fiato, ma con un sospiro di sollievo per aver trovato qualcosa di prezioso, insperato e forse “salvavita”. Fortunatamente i monaci sono mattinieri, alle prime luci dell’alba sono già a pregare e lavorare. Si bussa al Monastero Cistercense di “S. Maria della Consolazione”, costruito nel 1686, ed uno di loro, dai modi cortesi, apre la porta pesante dell’edifico immerso in un religioso silenzio. I Cistercensi, ospitati qui dal 1926, hanno creato un luogo di cultura universale, una biblioteca, un museo, una pinacoteca, attività produttive varie. Pace e bene a voi, cosa vi porta così presto in questo luogo di preghiera, sono le parole dell’anziano monaco. In breve il biologo, facendo vedere l’antico manoscritto, spiega al monaco il motivo dell’insolita visita. L’uomo di fede comprende velocemente e senza indugio li fa accomodare nell’erboristeria, un luogo che trasuda antiche conoscenze tramandate fino ai giorni nostri. Fatto chiamare un altro monaco erborista, con certosina pazienza i due religiosi si apprestano a leggere il testo della ricetta della tisana. Un testo prezioso, che parla di antiche civiltà, di antichi saperi, di uomini saggi venuti dal mare, di terre scomparse. Il mito di Atlantide riecheggia tra quelle pagine. Le erbe riportate sono molto comuni, si usano ancora per preparare tisane ed infusi, rimedi naturali a varie indisposizioni fisiche e mentali. Erbe medicinali, salvia, menta, pino, issopo, lavanda, rosmarino, origano, succo di melagrana, succo di cedro, miele, estratto di aloe, eucaliptus, mirtillo, il tutto fatto bollire nell’acqua e poi filtrato in una tazza, da bere più volte al giorno. Per il biologo si può procedere ad una sperimentazione immediata, è del tutto evidente che il grado di tossicità è scarso, se somministrato ci potrebbe essere qualche reazione allergica o poco altro, date le gravissime circostanze vale la pena provare. Con l’archeologa si ritira nella Chiesa del convento per rilassarsi e pregare, mentre i monaci preparano la tisana con le giuste dosi. I pensieri del biologo corrono veloci nel silenzio della Chiesa, oltre 4milioni di contagi nel mondo, più di 300mila morti, il coronavirus si propaga velocemente nel mondo, la situazione è drammatica, fosse comuni per seppellire i defunti in alcuni paesi, il prolungato lockdown consente di rallentare il contagio senza arrestarlo del tutto, un vaccino o un farmaco sono l’unico rimedio, si studiano rimedi in tutti i più importanti laboratori scientifici del mondo, sarebbe bello riuscire ad anticipare la scienza ufficiale con un rimedio tradizionale, naturale, efficace. Dopo un’oretta, sembrata un’eternità, il buon monaco, Padre Benedetto, annuncia che il farmaco è pronto, ed ora cosa fare. Il dubbio è lacerante, potrebbe essere il fallimento di un’onesta carriera, rischiare di coprirsi di ridicolo, coinvolgere altra gente, l’Istituto, la coscienza, la responsabilità di tanti. Bisogna avere fede, è l’incoraggiamento del monaco “indovino”, che sembra leggere nel volto del biologo i tormenti del momento. Uno sguardo intenso con l’archeologa e si parte. Il Dea di Lecce, l’ospedale Covid-19, avvia presto la sperimentazione, le controindicazioni sono poche, bisogna tentare, la scienza verifica. E dopo 48 ore i risultati sono incredibili, la regressione della malattia è evidente. In tre/quattro giorni la maggior parte dei pazienti trattati sono miracolosamente guariti, il farmaco antivirale naturale è efficace, il virus è stato sconfitto. Tra i due ricercatori è scattata una forte simpatia in pochi giorni intensi, mano nella mano di fronte ad un mirabolante tramonto sul mare, che questa terra regala, si baciano teneramente, poi si abbracciano forte e lacrime liberatorie rigano il loro volto. Vito e Gina, sono questi i loro nomi, non c’è stato nemmeno il tempo di presentarsi per bene in questi giorni febbrili e tumultuosi. Ne è valsa la pena, all’alba del nuovo millennio l’amore trionfa, l’umanità è salva.                                                                   (racconto di fantasia di S.B)

Omaggio a “Il Maggio Dei Libri” 2020