Driiiin, driiin, driiin…
- Pronto?
- Lunedì prossimo sei libero, vero?
- Aris, sei tu?
- Sì, sono io. Allora, lunedì lavori o no?
- In effetti è il mio prossimo giorno libero, perché?
- Perfetto, procurati un costume ottocentesco che andiamo ad una festa.
- In che senso, scusa? - chiedo allibito.
- Nell’unico possibile, lunedì c’è una festa in maschera molto esclusiva, la chiamano “la Deboscia”. Non chiedermi come, sono riuscito ad avere quattro biglietti. Io ci vado con mia moglie e ci piacerebbe veniste anche tu e la tua compagna. Che ne dite?
- Nemmeno sotto tortura.
- E perché?
- Per cominciare ci sono cinquanta gradi all’ombra e mi stai chiedendo di indossare abiti che tendenzialmente sono di velluto, poi detesto il carnevale a carnevale, figurati quello fuori stagione.
 - Guarda che c’è tutta la Lecce che conta.
- Peggio, io e il jet set non andiamo molto d’accordo.
- Madonna, come sei snob! Pensa solo che ci sarà buona musica, buoni drink e una location incredibile.
- Grazie per il pensiero ma, la prossima volta, pensa a qualcun altro.
- Peggio per te. - dice secco e chiude la comunicazione.
Cinque minuti dopo sono costretto a richiamarlo.
- Che c’è, hai cambiato idea? - risponde lui.
- Io no, ma la mia compagna sì.
- Non avevo dubbi.
- Già, le ho parlato della tua proposta e lei ha letteralmente fatto i salti di gioia dicendo che desiderava da sempre andarci. Insomma, non ho avuto il coraggio di dirle che avevo rifiutato l’offerta.
- Bravo, allora ci vediamo lunedì prossimo, alle 22.30.
- Sì, ma dove?
- Non lo so.
- Come non lo sai?
- Il luogo cambia ogni anno e la posizione la gireranno agli invitati, tramite chat, un’ora prima della festa.

Alle dieci e mezzo di lunedì sera, Aris e Valentina, sua moglie, ci raggiungono al Caffè Letterario. Sembrano appena usciti da un romanzo di Jane Austen. Mariangela, la mia compagna, si muove disinvolta e bellissima nel suo abito blu, tutto drappi, pieghe e ricami, io mi aggiro con la grazia dell’uomo di latta del Mago di Oz, compresso nel vestito da damerino, affittato stamani a caro prezzo.
- Grazie per aver pensato a me. - dico al mio amico in tono di rimprovero.
- Vedrai, ti piacerà.
La festa si tiene nel centro storico, a qualche centinaio di metri dal nostro locale. Alle 22.45 arriviamo a destinazione. Un uomo in completo scuro ci accoglie dicendo - Nome e parola d’ordine, per favore?
Io guardo Aris certo di aver capito male, ma lui risponde - Pellegrino, quattro persone. - poi, abbassando la voce, aggiunge - Fidelio.
L’uomo controlla sul foglio che tiene in mano e porge ad Aris quattro maschere nere, di velluto. Le indossiamo ed entriamo. L’interno si rivela sorprendente. Il palazzo, di chiara ispirazione neoclassica, è meraviglioso . La festa si svolge nell’androne, un vasto rettangolo delimitato da una lunga serie di archi sorretti da colonne al di là delle quali si alternano scalinate, locali o statue di raffinata bellezza. L’allestimento ha in sé qualcosa di allusivo, a tratti torbido. Le luci basse, i tessuti neri, le statue, tutti nudi di donna, i candelabri, anch’essi neri, lo spesso strato di fumo sul pavimento, di quello che si usava in discoteca negli anni ottanta, conferiscono a questo luogo un’aria lasciva. E poi c’è la musica: l’inconfondibile Waltz n. 2 di Shostakovich reso celebre da... ma sì, ecco quel è l’ispirazione di questa festa! Eyes Wide Shut di Kubrik, come ho fatto a non pensarci prima? Fidelio è la parola d’ordine che Tom Cruise usa per accedere al rito orgiastico del film. A questo punto vengo raggiunto da un sospetto.
- Scusa Aris, ma questi che intenzioni hanno?
- In che senso?
- Non saremo finiti in un covo di scambisti o roba del genere?
Lui ride di gusto poi mi rassicura - Stai sereno, questa festa si chiama “la Deboscia” proprio perché si ispira a quelle che i ricchi e i nobili del passato organizzavano in città. Loro sì che si abbandonavano ai piaceri della carne e dell’alcol, approfittando del fatto di essere resi irriconoscibili dalle maschere. Diciamo che erano occasioni ghiotte per dare sfogo agli istinti più bassi, ecco perché la parola debosciato indica una persona dedita ai vizi, insomma, priva di regole morali.
- Questi, invece, fanno solo finta?
- Esatto, qui si balla e si beve soltanto.
- A proposito di bere, le ragazze sono andate a prendere del vino, vero?
- Sì, sono al banco del bar.
- Le raggiungiamo?
- Aspettiamole qui. - dice lui invitandomi a guardare verso il centro della sala che, intanto, si è completamente riempito di fumo. Improvvisamente, sei strani invitati fanno il loro chiassoso ingresso. Sembrano su di giri, uno in particolare barcolla evidentemente. I sei guadagnano il centro della pista e ballano, dapprima tenendosi per mano, in una sorta di girotondo scomposto, poi si dividono in coppie. I loro abiti hanno qualcosa di diverso dai nostri. Sembrano più fedeli, più autentici. Anche le maschere sono diverse dalle nostre, fatte di cuoio, hanno nasi lunghi e donano una strana espressione beffarda a chi le indossa. I sei continuano a danzare, ma ora più lentamente, sfiorandosi e accarezzandosi per qualche secondo per poi cambiare partner rimescolando le coppie.
- Aris, chi diavolo sono quelli?
- Chi può dirlo? - replica, poi aggiunge - Ma non perderli di vista.
Finito il brano, gli strani invitati riprendono  a ridere sguaiatamente e vanno a sedersi su una lunga panca in legno. Lì ricominciano a baciarsi e ad accarezzarsi in una sorta di groviglio indistinto.
- Mi sa che questi qui hanno preso il tema della festa molto sul serio. - commento.
- Direi proprio di sì. - conferma Aris poi dice - Guarda, stanno andando via.
In effetti, cinque dei sei si alzano e lasciano la sala in tutta fretta. Sulla panca si distingue a malapena la sagoma del sesto, quello più ubriaco.
- Deve essersi addormentato e i suoi amici buontemponi avranno pensato di fargli uno scherzo abbandonandolo qui. - dico.
- Non credo proprio.
Io lancio ad Aris uno sguardo interrogativo ma un tonfo proveniente dalla panca richiama la mia attenzione. Il sesto uomo è caduto per terra.
- Aris, andiamo ad aiutarlo! - esclamo, poi raggiungo il poverino che giace, immerso nel fumo, supino e immobile. Quando mi accovaccio, mi accorgo che, dal ventre, spunta qualcosa di strano. Inizialmente non riesco a mettere a fuoco, poi il fumo si dirada leggermente e, finalmente, lo vedo.
- Aris, è un coltello! - urlo - Lo hanno pugnalato.
- Esatto.
- Come esatto? Dobbiamo chiamare qualcuno.
- Purtroppo non possiamo farci nulla.
Intanto il fumo si è fatto improvvisamente più denso, nascondendo completamente il corpo dell’uomo, arrivando all’altezza dei miei occhi e facendomi lacrimare. Io mi sollevo, continuando a guardare in quella massa grigio scura tanto compatta da sembrare lattice che, improvvisamente, comincia a disperdersi fino a divenire leggera come un velo.
- Dov’è? - chiedo incredulo.
Sul pavimento non c’è più alcuna traccia dell’uomo.
- È tornato a casa, ovunque essa sia. - risponde il mio amico.
- Aris, la smetti di fare il misterioso e provi a farmi capire cosa è successo stavolta?
- Certo, ma al Caffè Letterario, davanti ad una buona birra. Non abbiamo più nulla da fare qui.
Le donne, ignare di quanto abbiamo appena visto, tornano dal bar, deluse e a mani vuote, lamentandosi che la festa è un mortorio, che la musica è orribile e che da bere ci sono solo cocktail imbevibili e così, pochi minuti dopo, sorseggiamo quattro birre ad un tavolino del Caffè Letterario. Mariangela e Valentina hanno appena ascoltato incredule il mio resoconto. A questo punto tocca ad Aris diradare le ultime nebbie.
- Sapevo che oggi ci sarebbe stata questa festa e che, casualmente, l’avrebbero organizzata nello stesso luogo in cui, nell’800, si era svolta la famigerata deboscia dell’omicidio.
- Quindi tu sapevi che quelle anime sarebbero tornate questa sera? - chiedo.
- Non lo sapevo ma speravo che succedesse.
- Scusate, ma chi era la vittima - chiede Mariangela - e, soprattutto, chi erano i suoi “amici”?
- L’identità della vittima si è persa nei secoli, - risponde Aris - quella dei suoi assassini non si è mai saputa visto che, alle deboscie, si andava mascherati.
- Incredibile! - dice Valentina sollevando il suo bicchiere di birra.
- Incredibile ma vero. - conferma Aris alzando il suo.
- Vero come i fantasmi. - aggiunge Mariangela.
Io mi unisco al brindisi e concludo dicendo - Vero come il mistero.

FINE