Emozioni di vita mutate in versi di intensa poesia. Quella di Daniele Manco nella sua silloge Tenebra, pubblicata da Musicaos Editore nella collana Poesia. Cinquantotto componimenti, arricchiti dalle illustrazioni di Marilena Apollonio, in un’opera che «dai più caldi e sconfinati deserti alle più fredde e fitte foreste, tra scenari truculenti e terrificanti, segue l’iter di vita dell’autore che, interiorizzando le proprie vicissitudini, crea tutto un percorso emotivo personale». «Tenebra – dice ancora l’autore in prefazione - non è soltanto un testo poetico, ma rappresenta anche la storia di una vita interiore fortemente influenzata da un vissuto turbolento. Questo libro, dopo anni di lunga attesa, riesce a ricreare un immaginario fantastico e quasi fiabesco che lascia spazio a molteplici chiavi di lettura e riflessioni. Ai limiti del grottesco, guiderà il lettore verso intricati sentieri emotivi». Daniele Manco nasce a Ciriè in provincia di Torino nel 1985, ma trascorre la sua infanzia ad Aradeo, nell’entroterra salentino. Trasferitosi a Torino all’età di tredici anni, intraprende gli studi di geometra. In Piemonte scopre da subito un legame molto forte tra lui e l’ambiente naturale circostante. Malgrado viva in una città, la sua dimensione è quella dei paesaggi montani nei quali molto spesso si rifugia per ritrovare sé stesso e la pace di cui ha bisogno. Terminati gli studi, decide di arruolarsi nell’Esercito Italiano. Questa scelta cambierà radicalmente la sua vita. Presta servizio nel «2° Reggimento Alpini» a Cuneo, addestrandosi in modo duro e rigoroso tra le valli e gli aspri monti del Piemonte. Una vita da soldato, dunque, che lo porterà molto presto a conoscere nuove realtà. Partecipa a due missioni in teatro operativo in Afghanistan. La prima missione lo vede impiegato a Kabul e la seconda nella provincia di Herat. Attraversando sterminati deserti, steppe e città diroccate, conosce un mondo fatto di guerra, fame e miseria rischiando la vita in molte situazioni. È l’Afghanistan post-attentato terroristico dell’11 settembre del 2001 al World Trade Center di New York. Durante la sua ultima missione prende parte ad un’autocolonna di centotrenta mezzi blindati e quattrocento uomini che parte da Herat in direzione Bala Morghab con l’obiettivo di raggiungere una base operativa avanzata. Durante il tragitto, a venticinque chilometri da Bala Morghab, l’automezzo lince di fronte al suo salta in aria in seguito all’esplosione di un ordigno esplosivo ad altissimo potenziale mietendo vittime e feriti. È l’attentato del 17 maggio 2010 da cui avrà scampo per miracolo. Questa vicenda segnerà profondamente gli anni a venire. Seguirà, quindi, il congedo volontario con la rinuncia alla carriera. A distanza di dieci anni, con versi incisivi e potenti, decide di raccontare e raccontarsi. Vuole raccontare di orrori vissuti, di amori perduti, delle amate montagne e della vita.